Per restare competitivi sui mercati globali, l’Italia non può rimandare un aumento dei limiti elettromagnetici. Il nostro Paese ha maturato nel tempo un importante vantaggio in segmenti industriali come la produzione tessile, l’abbigliamento, la meccanica avanzata e tanti ancora che hanno un elevato livello di automazione. Questo vantaggio rischia in breve tempo di essere vanificato da un limite che l’Italia si è imposta senza motivo ormai vent’anni fa, con un tetto alla potenza delle antenne cellulari pari a un decimo di quello consentito e utilizzato nella maggior parte del mondo e negli altri paesi europei.
È una situazione che va corretta urgentemente. Non è un tema che riguarda solo le telco, ma che impatta sulla competitività dell’intero Sistema Paese.
I valori italiani senza fondamento scientifico
In Italia il limite di esposizione previsto per legge è 20 V/m, ben al di sotto dei 61 V/m adottati dalla maggior parte degli altri paesi in Europa, ulteriormente ridotto a un “valore di attenzione” di 6 V/m che non ha alcun fondamento scientifico. In questa situazione noi non potremo adeguare l’8% dei nostri siti al 5G e per un altro 50% l’adeguamento sarà soltanto parziale. Un aumento dei limiti, oltre a comportare un miglioramento della qualità del servizio in generale, a partire dalla copertura indoor, comporterebbe una minore esigenza di nuovi impianti, a vantaggio dell’ambiente e del paesaggio.
Paradosso che produce svantaggio competitivo
Se nazioni come Cina e Corea del Sud viaggiano a velocità per noi irraggiungibili, l’adeguamento al resto dell’Europa è fondamentale per restare al passo con quelle nazioni che hanno uniformato i propri standard a quelli della comunità internazionale. Ci sono realtà manifatturiere emergenti in Europa, come la Polonia, che hanno adeguato le emissioni al livello raccomandato dal Consiglio europeo. In un contesto in cui spesso ci vediamo imporre vincoli dall’esterno, è paradossale che in questo caso l’Italia abbia adottato in autonomia una linea così restrittiva, che introduce uno svantaggio competitivo rispetto ai concorrenti europei. Il Ministro Urso ha più volte manifestato l’intenzione di porre rimedio e speriamo di vedere presto un intervento soddisfacente, anche con un compromesso rispetto agli standard internazionali che ormai sono collaudati da un quarto di secolo.