“A partire dal 1° gennaio 2025 per tutti i servizi in rame in corso di erogazione è applicato un incremento dei prezzi pari al 10 per cento, del valore complessivo. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è istituito un fondo per lo switch off alimentato con i proventi di cui al precedente comma 11, al fine di contribuire al sostenimento degli oneri di tutti gli operatori per la migrazione degli utenti verso le reti a banda ultra larga ad altissima capacità”. È quanto si legge nell’emendamento presentato da Fratelli d’Italia alla Legge di Bilancio 2025, che punta dunque al rincaro delle tariffe dell’Adsl per poi utilizzare i proventi per sostenere i costi degli operatori per accelerare sull’Ftth.
Aiip sul piede di guerra
Sul piede di guerra l’Associazione italiana internet provider (Aiip), secondo cui l’aumento dei costi del rame è “una misura che, oltre a creare incertezze applicative, appare come una nuova imposta indiretta a carico di consumatori e imprese, specie nelle aree meno servite, con il rischio di comprimere ulteriormente i margini di operatori già in difficoltà, e che non tiene conto degli enormi aumenti di costo a danno degli operatori non-incumbent dei servizi su rete rame (es. Ull e sub-Ull)”. Inoltre, il fondo per favorire il passaggio alla fibra, potrebbe configurarsi – prosegue Aiip – come un aiuto di Stato verso Tim, l’unica azienda che possiede una rete in rame estesa su tutto il territorio nazionale.
Gli impatti delle misure
Aiip ha espresso “forte preoccupazione” per l’emendamento al Disegno di Legge di Bilancio 2025. Sebbene l’associazione condivida l’obiettivo di accelerare il passaggio dalle reti in rame alle tecnologie di banda ultra larga, “Aiip denuncia l’irragionevolezza e gli effetti distorsivi di questo intervento, che rischia di compromettere il mercato e la crescita del settore”.
L’emendamento “prevede in primo luogo lo switch-off a tappe forzate della rete in rame entro termini predeterminati, con l’imposta cessazione dei relativi servizi”. Una norma di tale portata, sottolinea Aiip, è stata proposta senza una reale analisi di fattibilità, “ignorando la cronica carenza di manodopera specializzata che frena già da anni la realizzazione delle infrastrutture, né tenendo in considerazione la scarsa capacità di delivery sulle reti Ftth già oggi disponibili (es. rete Bul)” e senza considerare i casi d’uso critici dei servizi in rame, come i backup d’emergenza per imprese e pubbliche amministrazioni rispetto a servizi in fibra già rilasciati, e un relativo progetto più complessivo di migrazione tecnologica, che tenga in considerazione le esigenze di diversificazione e ridondanza dei collegamenti critici.
Aiip denuncia anche l’assenza di un’adeguata valutazione dei costi e degli impatti operativi sugli operatori, che rischiano di vedere compromesse pianificazioni industriali e commerciali già significativamente gravate dalla scelta di anticipare, per l’Italia, il raggiungimento degli obbiettivi del Digital Compass dal 2030 al 2026.
Aiip solleva anche dubbi sulla neutralità del fondo, che potrebbe risolversi in un aiuto di Stato discriminatorio, considerando che solo un’azienda possiede una rete in rame estesa su tutto il territorio nazionale.
Il piano per spingere l’Ftth
L’Emendamento di FdI sottolinea che, al fine di accelerare il processo di digitalizzazione del Paese e garantire una connettività sicura ed omogenea ad alta velocità in tutto il territorio nazionale, in linea con gli obiettivi Bussola Digitale del 9 marzo 2021, i servizi di accesso alla rete fissa devono essere forniti attraverso reti a banda ultra larga ad altissima capacità per almeno il 50% delle utenze entro il 2026 e per il 100% delle utenze entro il 2030. Questo obiettivo “è conseguito attraverso un processo di migrazione dei clienti finali dalle reti che utilizzano rame verso le reti ad altissima capacità, realizzato progressivamente sul territorio nazionale a partire dalla data di approvazione della presente disposizione in considerazione dell’effettiva copertura conseguita sul territorio in ciascuna delle aree individuate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”.
L’Emendamento prosegue: “Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sentita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, definisce: le aree del territorio nazionale funzionali ad assicurare una efficace attuazione del processo di migrazione verso le reti a banda ultra larga ad altissima capacità e la conseguente dismissione dell’infrastruttura di rete in rame in maniera progressiva; le modalità operative di realizzazione del processo di migrazione, inclusive delle modalità di comunicazione alla clientela dell’avvio del processo e delle modalità di esecuzione dello stesso; le modalità di avvio e svolgimento di eventuali fasi pilota volte a verificare l’efficacia e le funzionalità del processo di cui al punto c), da completarsi entro e non oltre novanta giorni”.
Successivamente al raggiungimento del livello di copertura minima per la determinata area del territorio nazionale, “entro sessanta giorni, ciascun operatore interessato avvia il processo di migrazione verso le reti a banda ultra larga ad altissima capacità tramite istanza rivolta all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ricevuta l’istanza dell’operatore e verificata la sussistenza nell’area di interesse dei requisiti di copertura minima, “accerta la quota di utenze attive in quell’area sulla rete a banda ultra larga ad altissima capacità e di quelle attive sulla rete in rame ed avvia il processo di migrazione, informandone il mercato, attraverso pubblicazione sul proprio sito web, dell’avvio del processo di migrazione in tale area”.
Poco chiare le modalità per passare all’azione
Di fronte alla scarsa chiarezza e trasparenza della proposta, Aiip ha chiesto il ritiro immediato dell’emendamento e invitato il Parlamento “a trattare temi così complessi con provvedimenti dedicati, sulla base di un attento bilanciamento di interessi da parte delle Commissioni competenti sulle Tlc, evitando disposizioni destabilizzanti surrettiziamente inserite in atti normativi di diversa o ben più ampia portata”.
“L’Italia ha bisogno di una transizione tecnologica sostenibile e razionale. Interventi affrettati, non ponderati e dirigistici rischiano di generare più danni che benefici, minando la fiducia degli operatori e rallentando gli investimenti in infrastrutture di qualità”, ha dichiarato il Presidente di Aiip, Giovanni Zorzoni. “Altre misure, in primis i voucher connettività, hanno già dato prova di essere uno strumento efficiente, pluralistico e alla portata di tutti gli operatori, anche quelli medi e piccoli, per spingere il ridisegno delle reti e la conversione dal rame alla fibra”.
Le critiche di Federconsumatori
Federconsumatori evidenzia che con l’emendamento il 2025 il Governo ha introdotto un’accelerazione alla procedura di decommisioning già avviata e definita dettagliatamente da Agcom con Delibera 114/24/Cons, su cui era stata svolta una lunga consultazione sin dal 2021, la quale prevede la cessazione della rete in rame entro il 2028.
“Se da un lato si può cogliere un tentativo di accelerare il processo di miglioramento ed efficientamento della rete dei servizi digitali del nostro Paese – spiega una nota – dall’altro non si possono assolutamente trascurare i risvolti negativi per i consumatori, sui quali questa scelta improvvisata riverserà gli immancabili disservizi legati a una sostituzione affrettata e l’aumento notevole dei costi per gli abbonamenti ai servizi di telefonia e dati”.
L’associazione ricorda che le tlc stanno attraversando da tempo una crisi, “che il Governo non sembra voler affrontare equamente, in gran parte dovuta al fatto che gli Ott non contribuiscono alla manutenzione e all’ampliamento delle reti di trasmissione che utilizzano gratuitamente. Se passasse l’emendamento, che trasuda di finalità propagandistiche in nome dell’efficientismo governativo, graverebbe ulteriormente sulle tasche degli incolpevoli utenti, parte debole del rapporto contrattuale, chiamati a coprire con gli aumenti dei canoni d’abbonamento alla rete fissa i maggiori investimenti imposti agli operatori”.
Non si tiene, sempre secondo l’associaizone, minimamente conto della reale situazione del Paese, “in cui sono ancora molte le zone prive di connettività a banda larga, cosa non rimediabile in tempi brevi – certo non senza adeguata programmazione – che si tradurrà inesorabilmente in considerevoli disagi per milioni di utenze interessate, oltre ai possibili disservizi anche per le zone coperte”.
“Riteniamo, perciò, tale iniziativa insostenibile e totalmente svantaggiosa per i consumatori e, pertanto, chiediamo al Governo di provvedere allo stralcio dell’emendamento”, conclude Federconsumatori.