I NUOVI COMMISSARI

Agcom: indipendenza e competenza, è l’ora della verità

Le nomine dei nuovi commissari sono finite all’interno di una manuale Cencelli in cui la spartizione tra le forze politiche ha finito per prevalere sulla competenza dei nominati. Basta guardare i loro curricola per capire chi meritasse di sedere a via Isonzo e chi no

Pubblicato il 19 Giu 2012

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La nuova Agcom, che per sette anni vigilerà sul sistema delle telecomunicazioni, della televisione, dei media digitali e dei servizi postali, scalda i motori e si prepara a scendere in pista. Il campionato è da formula1 ma la fase preparatoria è stata da autodromo di Campagnano.
Peccato, la nuova Agcom meritava un inizio migliore, con tutti gli urgenti problemi da risolvere che la aspettano al varco sin dalla prima riunione del nuovo consiglio: assegnazione delle frequenze, regole per le Ngn, tutela del diritto d’autore per citarne alcuni. Tutto questo mentre sullo sfondo del prossimo settennato si staglia la ridefinizione di equilibri televisivi mai apparsi così precari ed incombe il corso di una rivoluzione digitale che sta travolgendo il mondo delle telecomunicazioni e dei media tradizionali.
Una brutta pagina giocata dalla politica. Vi sono precise indicazioni di legge sulla scelta dei commissari: competenza e indipendenza sono tra le “qualità” primarie richieste. Non sono stati questi i criteri su cui hanno poggiato le scelte dei partiti. Agcom è finita all’interno di una manuale Cencelli in cui la spartizione tra le forze politiche ha finito per prevalere sulla competenza dei nominati. Basta guardare i loro curricola per capire chi meritasse di sedere a via Isonzo e chi no.

Peccato, è un’altra occasione persa dalla politica che mai come in questo momento avrebbe bisogno di scelte cristalline per rilegittimare se stessa. Non si trattava tanto di essere sensibili alle grida, a volte assai confuse e approssimative, che sono venute dal popolo ancora indistinto della Rete, quanto di mostrare all’intero Paese che le logiche del passato sono, appunto, cosa passata. Anche quando in ballo c’è il sistema televisivo.
Niente impedisce a deputati e senatori di nominare medici o colleghi parlamentari in qualunque authority di competenza delle Camere. Ma il senso di responsabilità avrebbe dovuto, almeno stavolta, premiare la competenza non la fedeltà. È avvenuto solo in parte, in piccolissima parte.
Ormai la frittata è fatta e si può solo guardare avanti ed auspicare che i neo commissari si buttino rapidamente e con intensità a studiare i dossier che troveranno nei loro cassetti acquistando rapidamente, almeno chi ne ha bisogno, le competenze necessarie a governare tematiche così complesse e controverse come quelle loro assegnate. Dimenticando interessi e richiami delle forze politiche cui devono l’elezione. Dovranno mostrare libertà di giudizio quando si tratterà di affrontare questioni ad “alta sensibilità” come par condicio o assegnazione delle frequenze, così come dovranno mostrare indipendenza quando si tratterà di prendere decisioni che inevitabilmente sposteranno l’asse del business dall’una all’altra azienda.

Il conflitto di interessi non è un peccato originale che uno si porta dietro per tutta la vita, un’indelebile lettera scarlatta che impedisce a chi ha avuto incarichi professionali nei settori vigilati di assumere ruoli pubblici di garanzia. Se c’è, va risolto subito, prima di iniziare le nuova attività, ma la presunzione di colpevolezza sempre e comunque non fa parte della civiltà democratica. A contare non sono gli incarichi del passato, ma l’indipendenza nelle decisioni del presente e del futuro. La politica dovrà decidere se anche in futuro la nomina delle authority debba privilegiare la spartizione alla competenza. Se non cambiano le regole, sarà inevitabilmente sempre così.

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