La nuova Agcom è nata sotto il segno delle polemiche: sulle modalità di nomina, ma anche sulla sua identità di organismo di garanzia e regolamentazione. Marco Orofino, docente di diritto pubblico all’Università di Milano, è tra gli autori del libro “La regolazione dei mercati di settore tra autorità indipenti nazionali e organismi europei” (Giuffrè). Facciamo con lui il punto “a freddo”.
L’investitura dei nuovi commissari Agcom non si è discostata dal modus agendi passato: molto rumore per nulla?
Direi proprio di no. Le richieste di maggior trasparenza nelle nomine, grazie anche alla campagna di sensibilizzazione in rete, hanno avuto l’effetto di far comprendere l’importanza delle Authorithies a quella sempre più ampia fetta di opinione pubblica che partecipa ai dibattiti in rete. È però anche vero che le nomine sono avvenute senza discontinuità rispetto al passato. Anzi, mi pare che la procedura seguita con l’invio “libero”, e non regolamentato, dei curricula abbia contribuito ad accrescere la sensazione di scollamento tra istituzione e cittadini: i curricula sono stati inviati, ma non si sa nemmeno se siano giunti sulle scrivanie dei parlamentari in tempo per essere letti.
E questo come lo interpreta?
È il sintomo di una questione più ampia. Vi è la necessità, condivisa trasversalmente, di una profonda riforma normativa del “modello Authority”, che incida su modalità di nomina e requisiti dei membri. Solo con un intervento legislativo mirato si potrebbe introdurre e rendere effettivo l’obbligo di presentazione dei curricula o di previa audizione dei candidati o in alternativa intervenire sulle maggioranze richieste in Parlamento. La politica deve tradurre in nuove regole le richieste, non potendo più limitarsi a interventi estemporanei che finiscono per avere il gusto amaro di “concessioni” stile ancien regime.
È l’ora di varare una “seconda repubblica” per le Autorità?
Le Authorities sono oramai “blindate” da una forte legittimazione comunitaria. Un loro ripensamento complessivo non può dunque prescindere dal dato europeo. Questo non vuol dire che non si possa intervenire con una riforma organica che incida su meccanismi di nomina, competenze e accountability. In particolare nel settore delle comunicazioni, vi sono funzioni ancora oggi attribuite al ministro che potrebbero passare all’Agcom e altre invece assegnate all’Autorità che al contrario richiederebbero un più preciso framework legislativo in quanto incidenti su diritti costituzionalmente garantiti: è il caso, ad esempio, del diritto d’autore o della net-neutrality.
Metà numero di commissari, stesse modalità di nomina. A che prezzo?
L’obiettivo di ridurre costi e sprechi dell’amministrazione pubblica è meritevole e necessario. Ma l’intervento è andato oltre, forse troppo, gli obiettivi di contenimento della spesa. Il dimezzamento ha inciso indirettamente sulle modalità di nomina, sulla struttura dell’Autorità e in parte sulla sua natura. Riguardo al primo profilo il Parlamento ha opportunamente “messo una pezza”. Sarebbe però necessario un ripensamento della struttura, formalmente ancora articolata in due Commissioni che oggi, forse, non hanno più ragione di esistere. In merito alla natura dell’Agcom, sempre a cavallo tra Autorità di regolazione e Autorità di garanzia, la diminuzione dei membri ha inciso negativamente sul pluralismo in seno al collegio, cosa questa che meglio si adatta alle funzioni di regolazione e meno a quelle di garanzia.
Si ha spesso la sensazione che le liberalizzazioni italiane siano più formali che sostanziali, al contrario di quanto si auspica a livello comunitario: a cosa è dovuto questo scostamento?
Il tema è complesso; limitando l’analisi al settore delle Tlc non si può negare come la liberalizzazione e la riarticolazione delle modalità di intervento dello Stato siano state profonde e incisive e abbiano arrecato importanti vantaggi per i consumatori e per la crescita del settore stesso: ritengo che in questo caso gli utenti se ne siano accorti. Certamente oggi vi sono nuove sfide e opportunità dietro l’angolo: tra le altre, la costruzione di reti di nuova generazione richiede in primo luogo all’Ue scelte coraggiose, come ad esempio il rimettere in discussione alcuni capisaldi della sua politica di liberalizzazione in modo tale da poter bilanciare la necessità di remunerare gli investimenti che andranno a breve fatti con l’obiettivo di mantenere un adeguato livello di concorrenza nell’accesso alle nuove reti.
L'INTERVISTA
Agcom, Orofino: “Ormai insensate le due commissioni”
Parla il docente di diritto pubblico dell’Università di Milano: “Bisogna ripensare la struttura. La diminuzione dei membri ha inciso negativamente sul pluralismo in seno al collegio”
Pubblicato il 19 Giu 2012
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