Aleandri: “La governance perfetta? E’ già nel codice civile”

L’avvocato esperto di diritto societario: “In Italia esistono già norme efficaci. Basta seguirle”. Focus anche sul Testo unico della Finanza e sulle regole di Autodisciplina della Borsa Italiana

Pubblicato il 18 Feb 2014

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In vista del cda di Telecom Italia del 27 febbraio e dell’assemblea di aprile pubblichiamo una serie di opinioni sul tema della governance della società in questo momento al centro del dibattito fra azionisti, organi sociali, stakeholders.

La governance perfetta? E’ quella raccomandata dal Tuf (Testo unico della Finanza), dal Codice civile e dalle norme di Autodisciplina di Borsa Italiana per le società quotate: l’avvocato Francesco Maria Aleandri, partner nel dipartimento Corporate dello studio legale Dla Piper con una forte esperienza in controversie legate alla gestione societaria, è ragionevolmente positivo. Le regole ci sono e solitamente vengono seguite. Altro tema è se il socio di riferimento non piace. Come sembra accadere in casa Telecom. “La mia esperienza dice che anche in Italia non è così difficile avere una buona governance. Sono previste soluzioni anche abbastanza avanzate, con norme efficaci. Basta seguirle e si può avere una gestione coerente con le aspettative degli investitori e garante di un buon equilibrio degli interessi”.

Che cosa pensa delle richieste di Marco Fossati per il nuovo consiglio di Telecom Italia?
Non voglio entrare nel caso specifico ma le attuali normative già prevedono un presidente del collegio sindacale e un consigliere indipendente eletti dalla minoranza. Sono già due buone garanzie, presenti solo in pochissimi paesi oltre all’Italia. Per legge il presidente del consiglio d’amministrazione, come il consiglio, è espressione della maggioranza.

Non servono quindi neanche più consiglieri indipendenti espressi dalle minoranze?

Gli indipendenti, anche se nominati normalmente nelle liste dei soci di maggioranza, sono figure autorevoli con profili elevati. Credo che queste caratteristiche offrano comunque delle garanzie anche alle minoranze. In ogni caso, la nomina di indipendenti da parte delle minoranze avviene sempre solo da parte di un socio o un gruppo di soci, a cui questi amministratori devono in qualche modo rispondere.

Quindi più che l’indipendenza conta la competenza?

La competenza è il primo requisito ma anche l’indipendenza è importante. Avere in consiglio una voce fuori dal coro è utile, anche se tutti gli amministratori dovrebbero avere indipendenza del giudizio, tutti dovrebbero partecipare al controllo con competenza e agire informati. E anche gli indipendenti alla fine sono amministratori come gli altri, con le stesse responsabilità.

GLI ALTRI CONTRIBUTI AL DIBATTITO

Carlo Alberto Carnevale Maffè

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Alberto Toffoletto

Ferdinando Pennarola

Luca Arnaboldi

Maurizio Dallocchio

Umberto Bertelè

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