I licenziamenti ci saranno. Gli oltre 1600 lavoratori di Almaviva Contact della sede di Roma andranno a casa. Si è risolto con un nulla di fatto l’incontro al Mise tra azienda e sindacati voluto dal governo per trovare una soluzione in extremis, dopo il referendum tra gli addetti capitolini del call center, che ha visto una netta vittoria del sì all’estensione dell’accordo firmato per Napoli.
“Purtroppo l’azienda ha avanzato difficoltà anche dal punto di vista della tenuta della procedura e quindi ha ribadito il mantenimento dell’accordo dei lavoratori di Napoli e il mancato accordo con Roma che non ha firmato”, ha spiegato la viceministro allo Sviluppo economico, Teresa Bellanova. “Le Rsu hanno ritenuto quell’accordo inaccettabile e quindi hanno determinato la perdita di lavoro di oltre 1.600 persone – ha detto Bellanova – Rimane in piedi la trattativa su Napoli, si avvierà un confronto che spero proficuo per la stabilizzazione di quei posti di lavoro”.
Dopo un riunione ristretta – tra il ministro Carlo Calenda, la sua vice Teresa Bellanova, l’azienda e i rappresentanti sindacali di categoria – volta a capire se ci fosse ancora la possibilità di estendere l’accordo della settimana scorsa anche alla sede di Roma, l’azienda ha opposto ragionamenti di tipo giurisdizionali stringenti e ineludibili.
Il tenativo d’altronde non era apparso facile fin da subito: il sito è inattivo dallo scorso 22 dicembre, quando a seguito del no opposto dalle rappresentanze sindacali unitarie romane all’accordo, la procedura di mobilità è scaduta ed è stato dato il via alla partenza delle prime lettere di licenziamento. Ma, per rispettare la volontà della maggioranza dei lavoratori interpellati direttamente con referendum e raccolte firme, i sindacati avevano fatto marcia indietro e chiesto al governo di organizzare un ultimo incontro per sottoscrivere l’accordo raggiunto una settimana fa al ministero e già siglato dai loro colleghi della sede di Napoli.
La reazione dell’azienda però non aveva lasciato sperare in possibili aperture. Almaviva, aveva definito le ultime dichiarazioni sindacali “sorprendenti”, riferendosi a chi “vorrebbe cancellare tutto affermando che la totalità delle rappresentanze sindacali di Roma avrebbe agito contro il volere della maggioranza dei lavoratori”. La società di call center faceva poi notare che il tempo era scaduto e che, “solo chi non conoscesse la normativa o pensasse di ignorarla potrebbe ritenere di riaprire un procedimento formalmente concluso e sottoscritto dalle parti congiuntamente ai competenti rappresentanti dei Ministeri dello Sviluppo Economico e del Lavoro”. Secondo Almaviva, sarebbe la stessa norma – passati i 75 giorni di trattativa – a non dare spazio a possibilita’ di ripensamenti successivi, ne’ a eventuali integrazioni o modifiche al testo dell’accordo.
Con la chiusura della sede di Roma del call center Almaviva Contact e il licenziamento dei 1.666 dipendenti, commenta Salvo Ugliarolo, segretario generale Uilcom, “la situazione adesso è drammatica, una pagina nera su cui come sindacato proveremo a trovare qualsiasi possibile soluzione”. I fatti “hanno purtroppo confermato quello che già pensavamo, ossia che era stata fatta una scelta sbagliata da parte dei delegati aziendali di Roma che hanno rifiutato l’accordo dello scorso 22 dicembre – aggiunge -. Oggi abbiamo fatto un tentativo, forti della raccolta firme con cui oltre 700 lavoratori hanno chiesto alle segreterie di poter accedere allo stesso accordo firmato per la sede di Napoli”.
Ugliarolo spiega poi che nonostante la convocazione arrivata alle parti dal governo, “purtroppo abbiamo riscontrato la chiusura da parte dell’azienda perché tecnicamente essendo ormai chiusa la procedura, non c’erano più margini per riportare questi lavoratori all’interno dell’accordo”.
Per la Slc “l’indisponibilità a qualsiasi ipotesi di allargamento” dell’accordo per il sito di Roma è una posizione “estremamente sbagliata”.
“Una decisione grave per i pesanti risvolti sociali (1666 licenziamenti) e perché anche frutto di una conclusione della vertenza la cui scadenza del 21 dicembre ci è stata posta come ultimativa e non modificabile elemento che non ha permesso una consultazione delle lavoratrici e dei lavoratori prima della firma definitiva – si legge in una nota – Rifugiarsi dietro cavilli tecnico-giuridici per ignorare il responso di una consultazione democratica è quanto di più sbagliato vi possa essere. La democrazia non può essere vissuta né come un fastidioso ostacolo da evitare né come alibi per licenziare”.
“Nessuno può ignorare che la procedura di licenziamento per 2511 lavoratori è frutto di una decisione dell’azienda e che nessuna responsabilità può essere messa in alcun modo in capo alle OO.SS. ed alle RSU e tantomeno ad una parte delle RSU – prosegue il sindacato – Una vicenda amara e drammatica, a partire da coloro che si vedono privare del proprio posto di lavoro, rispetto alla quale è ancor più necessario che tutte le forze sociali e le Istituzioni siano fin da subito impegnate a ricercare e costruire soluzioni che diano una risposta occupazionale alle lavoratrici e ai lavoratori della sede di Roma di Almaviva”.