Fumata nera al tavolo sulla vertenza Almaviva, oggi al Mise. L’incontro è stato aggiornato al 19 dicembre alle ore 15: è prevista la trattativa ad oltranza in quanto è l’ultimo incontro prima della scadenza della procedura di chiusura delle aziende il 21 dicembre di Napoli e Roma. A partire da quella data, infatti, partiranno le prime lettere di licenziamento. 2500 i posti di lavoro a rischio.
Oggi la viceministro Teresa Bellanova si è appellata ad azienda e sindacati, invintandoli a fare di tutto per scongiurare i licenziamenti Almaviva. L’appello arriva dalla viceministro allo Sviluppo economico, Teresa Bellanova. “Per Almaviva abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere- ricorda – Siamo sempre stati consapevoli della complessità della vertenza e anche della distanza, a volte profondissima, tra azienda e rappresentanze dei lavoratori, affermando proprio recentemente che non intendevamo assecondare tagli al salario dei lavoratori. Una trattativa lunga, a tratti estenuante, dinanzi alla quale il governo non si è mai tirato indietro”.
Bellanova porta l’esempio dello stanziamento di 30 milioni, inserito nella legge di bilancio che permette di accedere a un anno di cassa integrazione anche per i lavoratori coinvolti in questa trattativa e altrimenti a rischio licenziamento. “Lo dimostrano anche le altre misure attivate, come i controlli sulle imprese che delocalizzano e l’aumento delle sanzioni portate fino a 150mila euro – spiega – Nel frattempo, come le parti sanno, gli uffici competenti hanno già inviato le diffide e comminato le prime sanzioni ai call center inadempienti situati nei Paesi extracomunitari”.
Ecco allora la richiesta che rivolge all’azienda e alle parti sociali. “Le vertenze complicate, e questa lo è, si risolvono positivamente se questo è l’obiettivo condiviso da parte di tutti. Perché accada ognuno deve guardare alle ragioni complessive. Tutelare il lavoro e i lavoratori, questa è la ragione – sottolinea – In questo momento non ci importa distribuire il carico di responsabilità. Ognuna delle parti in causa sa perfettamente quali sono, quali sono state le disponibilità date e poi invece ritirate improvvidamente. E ognuna delle parti in causa sa di aver sottoscritto un accordo il 31 maggio che attende ancora di essere onorato integralmente o, nella peggiore delle ipotesi, riformulato dopo il raggiungimento di una nuova, ulteriore intesa. Non bisogna permettere che trascorrano altri giorni, a vuoto o in un estenuante rimpallo di responsabilità e accuse reciproche. Tutti noi sappiamo come quello dei call center sia un mercato del lavoro complicato e pieno di insidie. Adesso, lo dico a tutti, è il momento della responsabilità. Per impedire che 2500 lavoratori e relative famiglie trascorrano il peggiore Natale della loro vita”.
Nell’incontro di lunedì 12 dicembre l’azienda ha confermato l’esigenza di una profonda ristrutturazione, ribadendo dunque la necessità dei licenziamenti. In campo ci sono alcune ipotesi – come un sostanzioso taglio al costo del lavoro, la riproposizione dell’accordo sulla produttività individuale, una nuova regolazione del controllo a distanza per la verifica della prestazione – ma per ora non si registrano passi in avanti. L’unica novità è la conferma del ricorso al fondo di integrazione salariale per 13 settimane per i 3.164 lavoratori cui i contratti di solidarietà sono scaduti il 30 novembre scorso.