Almaviva Contact, è il momento della responsabilità. Di tutti

Azienda e sindacati al limite della rottura. 2.500 posti a rischio a Roma e Napoli. Difendere le posizioni preconcette è un gioco a somma negativa. L’obbligo per tutti di trovare un accordo

Pubblicato il 20 Dic 2016

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Almaviva Contact, ultima chance. La vertenza sindacale in atto ormai da mesi nella più grande azienda italiana di call center sembra destinata ad imboccare una strada senza ritorno. Al termine della quale potrebbe esserci il burrone della chiusura delle sedi di Roma e Napoli con 2.500 persone che andranno a spasso. Ed un’azienda, Almaviva Contact, fortemente ridimensionata e dalle prospettive ancora più incerte. Infatti, opera in un mercato difficile, segnato da delocalizzazioni all’estero e gare al ribasso che rendono gli equilibri finanziari sempre più labili. Uno scenario che mette a rischio occupazione e condizioni del lavoro sacrosante e certe in altri settori, conquistate a fatica solo qualche anno fa nei call center più strutturati e avanzati.

Paradossalmente, la crisi è diventata più pesante proprio in Almaviva Contact, l’azienda che in maniera più strutturata aveva aderito alle disposizioni della circolare Damiano, regolarizzando i suoi dipendenti, in particolare nelle commesse con la PA. L’unica fra le grandi, tra l’altro, a non avere delocalizzato all’estero se non negli ultimi mesi, spinta da un mercato dove la concorrenza si gioca al ribasso dei prezzi piuttosto che sulla qualità del servizio.

In questa morsa sono finiti gli equilibri finanziari aziendali, ma anche i diritti dei lavoratori. Non più acquisiti come sembrava appena poco tempo fa. Il costo del lavoro pesa attorno all’80% dei costi complessivi. SI tratta infatti di un settore estremamente labour intensive. SI può certo incidere anche su altre voci, ma quando il mercato si fa più piccolo per la perdita di commesse con prezzi al ribasso è difficile immaginare una alternativa diversa dal toccare anche occupazione, tempi di lavoro, buste paga o un mix fra queste misure.

È certamente doloroso e sono più che comprensibili proteste e preoccupazione dei lavoratori di un settore che non brilla certo per la cospicuità dei cedolini. Tuttavia, arroccarsi sulle conquiste del passato rischia di diventare autodistruttivo, un’accelerazione della crisi. Non si tratta di un contesto in cui ci sono risorse da distribuire, ma di cercare di salvare il salvabile.

Ha senso difendere posizioni acquisite se la conseguenza può essere quella di perderle per effetto della distruzione dei posti di lavoro? Lo può essere soltanto se si pensa che la crisi di Almaviva Contact non sia strutturale, ma che l’azienda stia giocando sulla pelle dei lavoratori una drammatica partita a poker col bluff coinvolgendo tutti, in primis sindacati e ministero dello Sviluppo. Forse potrà esserci qualche tatticismo, ma visto come va il mercato appare difficile pensare ad una situazione finanziariamente solida in cui si vogliono erodere utili a danno dei lavoratori.

Certo, tematiche come il controllo a distanza, le deroghe agli scatti di anzianità, la riduzione di altre voci salariali sono cose che fanno male a chi ha già una busta paga scarsa. Ma sono meglio sacrifici anche pesanti ora (magari sperando che passi la nottata e l’azienda possa riprendersi) oppure buttare tutto all’aria sperando che l’azienda non osi mandare da domani sera le 2.500 lettere di licenziamento annunciate? Sembra quasi un giocare col fuoco. Del resto, in altre situazioni, pur se diverse, vi sono state fra sindacati e azienda accordi che in nome dell’occupazione e della continuità aziendale hanno derogato a posizioni di principio che sembravano intoccabili.

La trattativa tra Almaviva Contact e sindacati è finita in uno stallo totale. Anche l’ipotesi di un lodo del governo se ne è andata in soffitta visto che entrambe le parti hanno posto delle condizioni preventive che hanno fermato il Mise. La tensione è altissima e i tempi sono quasi esauriti. Ma proprio per questo è il momento della responsabilità. Da parte di tutti. L’alternativa è che tutti rischiano di farsi male. E parecchio.

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