8 milioni di pezzi. Tanti sono gli iPhone difettosi che Apple ha rispedito in Cina alla Foxconn, la fabbrica cinese che si occupa dell’assemblaggio. Lo hanno reso noto due testate cinesi, China Business e China Times, che però non specificano quali siano i modelli in questione, né quale sia stato il problema. E mentre Apple fa sapere che le scorte del Melafonino non sono a rischio, già si calcolano le perdite economiche per la Foxconn che dovrebbero ammontare a circa 259 milioni di dollari, 32 dollari per ogni smartphone “rispedito”.
Non è la prima volta che si verificano incidenti simili, un problema che con tutta probabilità è legato soprattutto ai veloci ritmi di produzione e di lancio. Gli stessi dirigenti dell’azienda taiwanese, che assembla anche prodotti per Hp e Dell, hanno ammesso che l’iPhone è”il dispositivo più complesso che la Foxconn abbia mai assemblato”. Non solo: l’incremento degli standard per il controllo della qualità hanno rallentato la produzione con un abbassamento dei risultati in termine numerici.
Telefoni difettosi e bilanci in ribasso non sono gli unici problemi correlati ai ritmi serrati: “l’intera catena di produzione Apple presenta problemi” sosteneva a settembre Li Qiang della China Labor Watch che da anni studia i due colossi. “Strategie di marketing e di vendita includono improvvisi lanci dei prodotti che si traducono in forte pressione per i lavoratori”, diceva l’esperto. Lo sanno bene i dipendenti della Foxconn: il colosso divenne noto al mondo intero nel 2010 quando 15 operai sfiniti dalle condizioni di lavoro si tolsero la vita a poca distanza l’uno dall’altro. Al gesto estremo seguirono le promesse dell’azienda di innalzare i salari e migliorare gli standard di lavoro e di vita oltre i cancelli della fabbrica.