Le Internet companies contro il governo francese: oltre venti
aziende attive in Francia, tra cui colossi del calibro di Google e
Facebook, Dailymotion ed eBay, hanno deciso di fare appello presso
la più alta corte francese, il Conseil d’Etat, contro un decreto
che le obbliga a conservare i dati personali dei loro utenti per un
anno.
“L’Asic si appella al Conseil d’Etat contro il decreto che
obbliga a conservare i dati delle connessioni”, ha dichiarato
alla stampa Benoit Tabaka, direttore dell’Association des
services Internet communautaires, l’associazione che rappresenta
le aziende di Internet in Francia.
Il decreto, pubblicato a
inizio marzo, obbliga i siti di e-commerce, di video e musica,
nonché i servizi di email online, a conservare una serie di dati
dei loro clienti, come i nomi per intero e gli pseudonimi, gli
indirizzi di posta fisica ed elettronica, il numero di telefono, le
password e i dati usati per controllare o modificare le password
stesse. I dati devono essere tenuti per un anno perché le
autorità possono chiedere che siano consegnati nell’ambito di
indagini della polizia o del fisco o nei casi di frode.
"Diversi elementi di questo decreto non ci convincono”, ha
spiegato Tabaka. “Per esempio, non c’è stata alcuna
consultazione con la Commissione europea. Ma le nostre attività si
rivolgono a diversi mercati nazionali e l’approccio dovrebbe
essere sovra-nazionale. Inoltre per noi è una misura-shock dover
conservare le password e consegnarle alla polizia”.
Lo Stato francese ha deciso di intensificare i suoi interventi
sulle aziende di Internet per le questioni relative alla privacy
dopo i problemi in cui sono incorse Facebook e Google. La prima è
stata costretta a rivedere le sue impostazioni sulla privacy che
apparivano a Parigi troppo complesse; la seconda è stata criticata
non solo per la raccolta accidentale di dati privati di Street View
(Google ha anche dovuto pagare una cospicua multa), ma anche per la
scarsa attenzione alla protezione dei dati degli utenti del suo
social network Buzz (in questo Google ha acconsentito a delle audit
annuali sulla privacy). Stavolta le Internet companies però
sembrano ripagare lo Stato francese con la stessa moneta,
difendendo il diritto alla privacy dei loro utenti contro le
ingerenze delle autorità.
La questione della privacy resta un tema particolarmente
“caldo”, anche nel segmento del mobile e trova di nuovo al
centro della scena Google, insieme ad Apple: un tribunale federale
americano (nel New Jersey) ha infatti aperto un’indagine penale
per capire se diverse applicazioni per smartphone abbiano ottenuto
o trasmesso illegalmente informazioni sui loro utenti, secondo
quanto riporta il Wall Street Journal. Il tribunale ha mandato una
citazione in giudizio al servizio di musica online Pandora,
un’applicazione molto scaricata sui telefoni Android e
sull’iPhone, e ha chiesto a Google e ad Apple, che hanno dei
digital stores pieni di app, di fornire informazioni sulle loro
applicazioni e le società che le realizzano, secondo la fonte
sentita dal quotidiano finanziario.
L’indagine americana esaminerà se chi produce le app informi
adeguatamente gli utenti del tipo di dati che la app stessa
raccoglie, a chi li trasmette e per quale motivo. Raccogliere e
inviare informazioni sull’utente, come il codice identificativo
del telefono o la localizzazione, senza che l’utente sia
informato e dia il consenso viola una legge federale, la Computer
fraud and abuse, che, disegnata per perseguire gli hacker, copre le
informazioni conservate sui computer ma potrebbe essere usata per
sostenere che chi fa le app “entra come un hacker” nei
cellulari degli utenti. "Si tratta di un’arma molto potente
se il governo sceglie di usarla contro i produttori di
applicazioni”, afferma Orin S. Kerr, professore di legge alla
George Washington University, anche se gli esperti pensano che alla
fine l’indagine federale sarà trasferita a una corte civile e
quindi non dovrebbe comportare conseguenze di rilievo per le
società indagate.