“Arriva Netflix e cambia la Tv”

Come cambierà il nostro panorama televisivo con l’arrivo della società che offre film e serie in streaming? Nei primi tempi è probabile che si affermi un modello complementare di fruizione da parte dei consumatori. Ma poi a soffrire saranno soprattutto le pay tv: l’analisi di Augusto Preta

Pubblicato il 23 Ott 2015

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Storia di Netflix

Il 22 ottobre è arrivata Netflix in Italia, società di video a richiesta venduti per abbonamento via internet, conosciuta al grande pubblico soprattutto per la serie House of Cards. Con l’Italia, la Spagna e il Portogallo, la società di Reed Hastings conclude l’espansione in Europa occidentale, iniziata nel gennaio 2012 nel Regno Unito e Irlanda e poi proseguita gradualmente e con successo negli altri paesi, inclusi Germania, Francia e tutto il Nord Europa.
Perché l’arrivo di Netflix è importante e quali sono le sue peculiarità? Innanzitutto, alcuni dati: 63 milioni di abbonati paganti a giugno 2015, abbonamento mensile che va mediamente da 8 a 12 euro rispetto ai 30-50 euro delle pay tv tradizionali, una presenza in cinquanta paesi nel mondo e un consumo di banda che negli Usa rappresenta un terzo del totale nelle ore di picco. In altre parole, l’insieme degli utenti Netflix consuma un terzo del traffico Usa online di internet che è utilizzato dall’80 per cento della popolazione per oltre un’ora al giorno.
I numeri fanno inequivocabilmente di Netflix il market leader globale nel settore della pay tv e dei servizi di video-on-demand, oltre che il principale vettore nella diffusione dei servizi video a larga banda, che ormai costituiscono oltre il 50 per cento del traffico internet.
Nato come venditore per posta di dvd, Netflix ha lanciato i servizi in streaming video su internet già nel lontano 2007, all’alba della nuova era della cosiddetta distribuzione over-the-top, sostituendosi negli Usa agli operatori dominanti pay tv. Nel 2016 è previsto un budget di 6 miliardi di dollari per la sola produzione di contenuti (film, serie e documentari) e secondo alcune previsioni (Ampere Analysis) alla fine del 2020 Netflix raggiungerà 130 milioni di abbonati. Un terzo di coloro che hanno accesso a questo tipo di servizi negli Usa hanno ormai abbandonato quelli pay tv tradizionali.

Le contromisure dei concorrenti

E in Italia? La domanda che oggi tutti si fanno è se l’arrivo di Netflix produrrà gli stessi fenomeni dirompenti verificatisi negli Usa o se non rischia invece di trovare maggiori resistenze nel nostro paese, che rispetto ad altri è una realtà meno omogenea a quella anglo-sassone dal punto di vista culturale e più pronta a innalzare barriere per difendere le posizioni acquisite da parte degli operatori esistenti.
L’arrivo di Netflix, tuttavia, non lascia indifferenti i concorrenti, che da tempo hanno messo a punto servizi analoghi, in previsione della minaccia incombente. Sono passati quasi due anni dal lancio di Infinity di Mediaset e poco dopo è nata Sky Online. Questi stessi servizi sono entrati poi a far parte di offerte delle compagnie di telecomunicazione – le telcos, come Vodafone o Fastweb – per attrarre abbonati e promuovere l’offerta congiunta del cosiddetto quadruple play (telefonia fissa, mobile, dati e tv). Più di recente è stato sottoscritto un importante accordo tra Sky e Telecom Italia per l’offerta su reti a banda ultra larga dell’intero pacchetto di Sky, incluso il nuovo set-top-box. Analoghi accordi pare Telecom Italia abbia sottoscritto anche con Mediaset e Netflix e lo stesso avrebbe fatto Vodafone. A tutto ciò si aggiungano altri servizi presenti da tempo come Chili e Tim Vision, per cui oggi si contano in Italia circa quindici servizi di Vod a pagamento (a consumo o per abbonamento)
Insomma, lo sbarco di Netflix in Italia non avviene in un panorama desolato e non trova impreparati i vari operatori del settore.

Il futuro della tv

Nel valutare l’espansione sui mercati internazionali, Netflix tiene normalmente conto di alcuni fattori: infrastruttura broadband, inclusa velocità, penetrazione nelle abitazioni e previsioni di crescita; accessibilità dei contenuti e costo; consumo d’intrattenimento e preferenze dei consumatori; contesto competitivo; maturità dell’e-commerce.
L’analisi di questi parametri l’aveva finora spinta a ritardare l’ingresso in Italia, ora però si colgono i primi incoraggianti segnali d’incremento delle offerte ultra-broadband e il crescente consumo, non solo in modalità illegale, dei contenuti video su internet.
Anche sul tema delle esclusive e della relativa disponibilità di contenuti, alcune cose sono cambiate negli ultimi mesi e il catalogo di Netflix appare oggi ampio e attraente e potrà ulteriormente crescere qualora i broadcaster, Mediaset in primis, decidano di instaurare rapporti di cooperazione, anche in vista di possibili ribaltamenti di posizioni consolidate nel settore della pay tv.
D’altra parte, dal punto di vista della domanda audiovisiva l’Italia è molto più avanzata di quel che si crede (mobile, canali tematici) e dunque, una volta superato il collo di bottiglia della diffusione della banda larga fissa, le possibilità di sviluppo dei servizi on demand saranno analoghe, se non superiori, a quelle degli altri paesi dove Netflix è già presente.
A questo contribuiranno due ulteriori fattori: Netflix non è soltanto un grande divoratore di banda, ma anche un volano per il suo sviluppo; e, a differenza di quanto avviene per i broadcaster, è considerato un importante abilitatore – se non addirittura un prezioso alleato – dal mondo delle telcos.
In una prima fase, dunque, la competizione non sarà molto accesa, perché si affermerà un modello complementare di fruizione. Ma questo aprirà la strada a un cambiamento radicale del broadcasting: il primo a risentirne sarà il settore della tv a pagamento, che dovrà affrontare il fenomeno di abbandono da parte di una quota sempre più consistente di abbonati nelle modalità attuali. Quanto alla tv in chiaro, si determineranno forti cambiamenti sui modi in cui gran parte della popolazione, soprattutto quella più giovane e più familiare all’uso di internet, accederà in futuro ai contenuti audiovisivi, che costituiranno oltre il 60 per cento del consumo di internet nei prossimi anni.

Tratto dal sito www.lavoce.info

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