IL CASO

Asati: “Piano Metroweb fallimentare. No a finanziamenti Cdp”

L’associazione che rappresenta i piccoli azionisti di Telecom Italia invia una seconda missiva al governo: “Ritorno degli investimenti lunghissimo e a rischio la digitalizzazione del Paese”. Sì alla costituzione di una società della rete unica a maggioranza TI per portare la fibra in tutta Italia

Pubblicato il 29 Mag 2012

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“Il Governo non può permettere a Cdp di finanziare un piano fallimentare”. Asati, l’associazione che rappresenta i piccoli azionisti di Telecom Italia ha inviato una seconda lettera al governo (dopo quella di ieri), affinché si valuti attentamente la fattibilità del piano Metroweb su cui la Cdp attraverso il Fondo strategico italiano (Fsi) ha convogliato risorse per 200 milioni (attraverso un aumento di capitale che porta la partecipazione al 46,2%) a cui si aggiungono 300 milioni opzionali. Fra i destinatari della missiva anche i presidenti di Senato e Camera, le Commissioni Trasporti di camera e Senato, Consob, Agcom nonché i vertici di Telecom Italia e del Cda, di Metroweb e F2i, al Presidente di Cdp e a quello di Banca Intesa.


“Il piano di Metroweb (cdp,Fsi,F2i) è fallimentare perché non fa sinergia con quello di Telecom Italia basato sulla combinazione rame-fibra, riguarda solo 30 città con il 20% dell’intera popolazione e ha un ritorno in tempi lunghissimi”, spiega il presidente Franco Lombardi. “In questo modo lo Stato aiuta un solo attore che diventerebbe un olo pubblico che va in concorrenza con un gestore privato. Inoltre i cittadini e le aziende fuori dalle 30 città saranno esclusi per lungo tempo da tutti i servizi compresi quelli smart city e dall’ultra broadband”.

Asati accende i riflettori inoltre sulla questione delle sinergie “L’iniziativa di Metroweb, nelle stesse 30 città annunciate oltre 5 mesi fa da Telecom Italia non solo non è in sinergia con TI, ma è in netta concorrenza , antieconomica e richiede tempi lunghi. La soluzione di TI è infatti molto più economica terminando la fibra negli armadi a ridosso delle abitazioni (fttc), puntando a utilizzare la rete in rame che termina nelle case/aziende”. Secondo Asati la “rivitalizzazione” delle nuove tecnologie sul rame rappresenta il punto di forza “vincente” del progetto di Ti “che tra l’altro elimina la necessità del cablaggio verticale in fibra ottica degli edifici, uno dei problemi che fecero fallire il progetto Socrate”.

Con questo approccio si riducono gli investimenti dell’80%, puntualizza l’associazione. Inoltre “a fronte di due anni di realizzazione per l’intera rete nelle stesse città, di un pay back di 7 anni, la rete Metroweb verrebbe realizzata in non meno di 7 anni con un pay back di oltre 25 anni nelle condizioni migliori in cui tutti gli Olo prendessero in affitto i circuti da Metroweb”.

Con la rete unica e i 4,5 miliardi si può eliminare definitivamente il digital divide in tutta Italia – aggiunge Asati – e portare la banda larga all’ 80% dell’intera popolazione. “Confinarsi solo su 30 città significherebbe poi non avere più risorse economiche a breve, per il resto del Paese , creando degli squilibri sociali notevoli, tra zone ricche e depresse che invece andrebbero aiutate di più con gli interventi pubblici. Facciamo inoltre presente che occorrerebbe analizzare anche la posizione di Banca Intesa se in conflitto di interessi come azionista anche di Telco, F2i,Fsi e Swissicom Italia”.

Asati propone dunque di dare vita ad una società unica della rete, a maggioranza TI “che consentirebbe pochissimi anni (5-6) dare minimo 30 Mbi (o 100 su richiesta del mercato) con le stesse risorse finanziarie individuate oggi dal Governo per CDP, dare a tutta la popolazione Italiana e a tutte le aziende, senza discriminazioni di reddito, la possibilità di contribuire al Pil del Paese”.

“Qualsiasi piano alternativo come questo della CDP/ Metroweb – conclude l’associazione – danneggia fortemente il Paese ed anche il valore del titolo in borsa, come si sta registrando in questi giorni, arrecando danni ad una delle più grandi aziende che dà lavoro , compreso l’indotto ad oltre 100.000 persone, e in questo momento crediamo che il Governo non abbia bisogno di un altro caso di crisi aziendale”.

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