Davvero non c’è pace per l’Agenzia Spaziale Italiana. Il suo destino appare inestricabilmente (ma catastroficamente) intrecciato ai flussi e riflussi delle vicende politiche e governative del paese. Dal 2008 a oggi il più “ricco” degli enti di ricerca pubblici italiani ha registrato commissariamenti, due processi di designazione dell’attuale presidente Enrico Saggese, intrecci tra l’Agenzia e Finmeccanica, il più grande (e travagliatissimo) gruppo pubblico del settore aerospaziale, la revisione del Cda, una durissima polemica tra Saggese e il ministro vigilante a proposito delle nomine del Cira e di altri enti controllati. E adesso la vicenda della tentata e abortita riforma complessiva del sistema degli enti di ricerca elaborata da Profumo. Comunque la si veda, non si può che constatare che si tratta di un sistema di governance che fa acqua: tipicamente italiano, tipicamente inefficace e tipicamente foriero di incertezze.
L’ultima tappa è il totale naufragio dell’ambizioso progetto del ministro Profumo di unificare in una sorta di super-Cnr tutti e 12 gli enti di ricerca nazionali, compresa l’Asi. Un progetto che evidentemente rifletteva la convinzione di Profumo che l’attuale organizzazione del sistema della ricerca pubblica andasse profondamente riformato. Ma un progetto che non è stato preceduto né da un dibattito pubblico, né da una consultazione degli attuali titolari dei vertici degli enti, né da un dialogo con i partiti di maggioranza. E che si è tentato di inserire in un veicolo legislativo sbagliato, la Legge di Stabilità, dove non era possibile introdurre norme di riforma estranee alla materia.
L’idea del ministro era quella di accorpare i 12 enti scientifici oggi vigilati dal Miur in un Centro Nazionale delle Ricerche. Una superstruttura affiancata da due nuove Agenzie che si sarebbero occupate rispettivamente di trasferimento di tecnologie e di finanziamento della ricerca. Un’idea accolta da una generale levata di scudi di tutti i partiti e dalla rivolta degli enti. Si è anche accusato Profumo di aver voluto prepararsi una poltronissima per il dopo governo-Monti. Profumo ha cercato inizialmente di salvare la sostanza del suo progetto, ipotizzando un percorso più “partecipativo” e graduale: nella versione finale dell’articolato della Legge di Stabilità si era pensato all’istituzione presso il ministero di una consulta formata dai presidenti dei 12 enti di ricerca coinvolti, coordinata dal presidente del Cnr Luigi Nicolais.
Questa consulta avrebbe dovuto proporre al Miur una revisione generale del sistema della ricerca entro il 31 gennaio 2013, che sarebbe stata ispirata a criteri di risparmio e di “governance unitaria e più efficace”. Alla fine, però, sulla riforma riveduta e corretta è caduta inesorabile la scure del giudizio di ammissibilità, con lo stralcio delle norme e – visti i tempi parlamentari e il percorso che porterà allo scioglimento del Parlamento e alle elezioni – la fine delle speranze di portarla a termine.
Molte e valide le obiezioni di merito al progetto Profumo, che pure non è stato più di tanto approfonditamente valutato. Primo, il risparmio previsto era di soli 3,7 milioni, l’uno per mille dei finanziamenti agli enti. Ancora, a parte i rischi di sovrapposizioni con il Miur e di “scassare” enti scientifici di eccellenza, nel modello tedesco cui si ispira il ministro Profumo il mondo della ricerca è completamente autonomo e sganciato dalla politica, mentre da noi tutte le nomine sono governative. Il risultato è devastante: la vera vittima di questa storia è la credibilità dell’Asi e degli enti di ricerca, del ministro, del sistema paese in generale.