Agevolare la digitalizzazione del 100% delle comunità italiane, con circa 2mila comuni sotto i mille abitanti e circa 6mila comuni sotto i 5mila. E’ l’obiettivo dell’emendamento presentato da Assoprovider al decreto legislativo 269 del 2003, in cui l’associazione degli Internet Service Provider guidata da Dino Bortolotto chiede che vengano rimodulati i contributi amministrativi per l’utilizzo delle frequenze licenziate “punto-punto” rispetto a quanto previsto dall’articolo 2 e 2 bis dell’allegato 10 del Codice delle Comunicazioni.
L’associazione, nello specifico, propone che vengano applicati anche agli Internet service provider gli stessi contributi amministrativi che venivano applicati ad altre tipologie di soggetti, come gli operatori del digitale terreste. Gli Wireless internet service provider, spiega Assoprovider nella relazione che accompagna l’emedamento, “hanno da tempo dimostrato al di là di ogni dubbio di essere strutturalmente capaci di provvedere alla digitalizzazione dei territori a bassa intensità abitativa”.
La proposta dell’associazione quindi non è di ottenere le frequenze in uso gratuito, ma che vengano applicati i medesimi contributi già previsti e applicati in precedenza ad altri, passando dagli attuali circa 5mila euro per ogni ponte a poche centinaia di euro. Se venisse recepita la proposta di Assoprovider, che rappresenta circa 200 operatori Isp-Wisp sul totale di 1.300 presenti in Italia, secondo l’associazione cesserebbe “la distorsione di mercato determinata dalla attuale modalità di sconto dei contributi amministrativi prevista dall’attuale art. 2 e 2bis”, rendendo “la normativa Italiana conforme a quanto da sempre avviene nel resto dell’Europa”.
Se l’emendamento venisse accettato, secondo Assoprovider questo avrebbe un impatto positivo sulla concorrenza nel settore degli operatori del trasporto digitale, agevolando la nascita di startup tra le aziende che realizzano infrastrutture in banda larga ed ultra larga, ma anche migliorando la qualità dei servizi erogati mediante frequenze non licenziate, abbattendo “il costo di creazione dei backbone su frequenze licenziate e creando le condizioni di una distribuzione priva di interferenze più capillare e quindi con celle realizzate mediante frequenze non licenziate più piccole”. Aumenterebbe infine, questo il terzo aspetto positivo sottolineato dall’associazione, l’efficienza spettrale sia delle frequenze licenziate che di quelle non licenziate.
Secondo i dati citati da Assorpovider, che hanno come fonte la Direzione generale per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico, le porzioni di spettro destinate all’uso punto-punto sono per il 98% inutilizzate: “questo non utilizzo – sottolinea l’associazione – è particolarmente grave alla luce delle necessità del paese di operare una rapida digitalizzazione anche nelle zone che per i grossi operatori di Tlc continuano a essere a fallimento di mercato”.
Secondo le associazioni degli operatori Wisp il mancato utilizzo di frequenze “punto-punto” licenziate da parte dei loro associati, che sono per la maggior parte piccole e medie imprese, non è determinato dalla incapacità tecnologica o dal disinteresse, ma “unicamente dalla incompatibilità dei costi amministrativi attualmente richiesti, che non risultano ammortizzabili su basi d’utenza composte da poche decine ma che sarebbero perfettamente compatibili se il contributo amministrativo venisse ridotto a quanto indicato nella modifica”.