5G, “il risultato dell’asta italiana è che ci saranno meno risorse in Italia per investire, e ci saranno più risorse nelle tasche del ministro dell’economia”. Lo ha detto l’ex Ceo di Vodafone Vittorio Colao nel corso di un’intervista a Radio24. L’Agcom, ha detto il manager che ha lasciato la poltrona di Ceo il primo di ottobre scorso, “ha deciso di spezzettare le frequenze in una maniera che è risultata estremamente costosa per gli operatori”.
“Se fossi io un governante – ha proseguito il manager – direi che lo Stato dovrebbe incassare un ammontare giusto bilanciato onesto, perché sono risorse pubbliche quindi è giusto che vengano vendute all’asta. Ma io come governante avrei interesse che ci fosse il migliore utilizzo delle frequenze, la migliore capacità, per permettere ai piccoli business, alle case, alle scuole di avere una piattaforma moderna su cui poi innovare.
Colao non è il primo a criticare il modello adottato dall’Italia per l’asta. Che la stessa modalità possa fare scuola è una possibilità che le telco scongiurano dato l’alto prezzo pagato nel nostro Paese. Il tema è stato al centro di un seminario che si è tenuto alla Telecom ParisTech, riporta il sito specializzato Policy Tracker, alla presenza di accademici e operatori chiamati a dibattere sulle “Nuove strategie nell’assegnazione delle frequenze per il 5G”. La recente asta italiana, ha detto Francesco Nonno direttore degli affari regolatori Open Fiber, ha fatto sì che gli operatori – riporta il sito – abbiano sborsato alte cifre per poter continuare a offrire un servizio, ma a scapito della copertura. E ha invitato a riconsiderare i principi chiave delle aste