L’asta italiana per il 5G, con quella raccolta “stellare” di 6,5 miliardi di euro che offre un extra-gettito di oltre 4 miliardi rispetto al previsto per le casse delle Stato è, appunto, una buona notizia solo per lo Stato, dicono alcuni osservatori: per le telco che hanno aggressivamente rilanciato e speso il rischio è di aver ridotto la capacità di investire, a scapito dei loro azionisti e degli utenti italiani dei servizi di telecomunicazione. E’ quanto si legge in un blog post del sito specializzato Policy Tracker a firma di Manuel R. Marti.
Tim e Vodafone sono stati i big spender: Tim, con 2,407 miliardi, si è aggiudicato uno dei due maxi-blocchi da 80 Mhz nella banda 3.7 Ghz, un blocco nella 26 GHz e due nella 700 MHz, mentre Vodafone, per 2,401 miliardi, si è aggiudicata due blocchi nella 700 MHz, l’altro maxi-blocco da 80Mhz nella 3,7 Ghz e 200 Mhz nella millimetrica. Le frequenze nella banda 700 Mhz potranno essere utilizzate per il 5G solo dal 2022 – sono attualmente occupate dalle emittenti Tv -, ma saranno anche pagate nel momento in cui verranno rese disponibili. Al contrario la disponibilità è dall’inizio del 2019 per quelle nella banda 3.7 Ghz e per quelle nei 26Ghz.
L’esito della gara del 5G è stata trainata dalla banda “pioniere” dei 3.7 GHz, per i quali i rilanci sono arrivati fino a 4 miliardi di euro. Ed è qui che si indirizza l’allarme di Policy Tracker. Prima del 2017 il prezzo medio dello spettro nella banda dei 3.7 GHz era di 0,015 dollari per MHz/Pop, ma stando al database del sito, da quando l’Europa ha individuato nello spettro dei 3.4-3.8 GHz la banda “prioritaria” per il 5G nella nostra area economica, i prezzi sono aumentati di più di dieci volte. Le offerte fatte durante l’asta italiana sono arrivate al valore di 0,42 dollari per MHz/Pop, ben al di sopra di quanto ottenuto dalle aste in Uk e in Spagna, dove i prezzi sono arrivati rispettivamente a 0,17 dollari per MHz/Pop e a 0,06 dollari per MHz/Pop. Solo l’asta in Australia ha determinato un prezzo simile, 0.36/MHz/POP.
Le cifre eccezionali toccate in Italia rappresentano così un motivo di preoccupazione per investitori e operatori telecom – che in passato avevano minacciato di boicottare l’asta del 5G in segno di protesta proprio per i prezzi di partenza molto alti e le regole d’asta molto severe. Hanno poi cambiato idea perché non hanno alternativa: non possono restare senza lo spettro 5G. Ma ora avranno ancora sufficiente denaro da investire nell’utilizzo di questo spettro e nello sviluppo dei servizi?
Apprezzamenti positivi da Dino Flore, general director 5G Automotive Association (5GAA): “L’asta configura uno scenario unico, in Italia: sarà interessante vedere il gioco di player con tipi e blocchi di frequenze così diversi tra loro. Il tutto può tradursi in un interessante concorso di idee e nuovi servizi per il 5G italiano”. Un occhio particolare alla banda millimetrica, la 26Ghz, andata a 5 operatori e regolata “da un quadro di licenze interessante per come è stato definito dal regolatore: via al Club Use”.
Anche i sindacati italiani del settore si sono detti preoccupati dai prezzi dell’asta del 5G, che potrebbero ostacolare le innovazioni future. “L’asta – hanno fatto sapere in una nota congiunta – si è svolta in un regime incontrollato, senza un’analisi razionale dell’investimento e dei ricavi ipotetici”.
Un monito per i legislatori europei, osserva Policy Tracker, che avevano concordato la necessità di fissare regole che assicurassero prezzi equilibrati, non la pura ricerca dell’introito più alto. I valori eccezionali dell’asta italiana del 5G potrebbero essere legati al modo in cui il nostro regolatore ha diviso lo spettro – due blocchi da 80 MHz e due blocchi da 20 MHz nella fascia 3.6 GHz/3.8 GHz – che ha scatenato i rilanci aggressivi, oppure alla pressione del regolatore Ue sull’ingresso nel mercato del quarto operatore, Iliad, a seguito della fusione Wind-Tre, che ha reso la competizione sempre più aggressiva.
Il punto ora sarà capire se i numeri italiani resteranno un caso isolato o stabiliranno un trend in Europa: in questa seconda ipotesi, il timore che le telco si “svenino” a scapito della capacità di innovare è, afferma Policy Tracker, reale.
In una nota diffusa alla chiusura dell’asta, il Mise ha parlato di “competizione vivace conclusasi in 14 giornate di miglioramenti competitivi e con 171 tornate”. L’introito raggiunto ha superato del 164% il valore delle offerte iniziali e del 130,5% la base d’asta, superando di oltre 4 miliardi l’introito minimo fissato nella Legge di Bilancio. L’importo raccolto supera i 3,9 miliardi di euro raccolti nell’asta multibanda 4G del 2011 e potrebbe essere paragonato alle aste 3G nei primi anni 2000, quando le offerte ammontarono a 12 miliardi di euro (26.750 miliardi di vecchie lire).