Asta Lte anche senza la Difesa

Accordo lontano con i militari per la liberazione delle frequenze “alte” (2,6Ghz) della gara da 2,4 miliardi. La partita si gioca ora sullo spettro televisivo: parte la trattativa con le tv locali. Allo studio l’introduzione di un regime di must carry

Pubblicato il 10 Mar 2011

C'è ancora un grande punto interrogativo che incombe
sull'asta Lte, la gara a favore delle Tlc per le frequenze che
costituiranno il perno della futura banda larga mobile. Cosa ci
sarà nel pacchetto che verrà battuto? Domanda delle cento
pistole. Da cui dipende il successo di un'operazione da 2,4
miliardi, centrale per il governo e che a cascata, in caso di
fallimento, impatterà direttamente sulle spese dei ministeri: se
l'asta non dovesse andar bene, ha lanciato ieri l'allarme
il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro, "si
ricorrerebbe a tagli lineari in tabella C, cioè direttamente alle
spese dei singoli ministeri".

E salvo colpi di scena, il "pacchetto" conterrà solo
parte delle frequenze prospettate: quelle del dividendo esterno,
"televisive", i canali dal 61 al 69 della pregiata banda
800Mhz. Ma non quelle alte, a 2,6 Ghz, ancora in mano al ministero
della Difesa con cui, a quanto risulta al Corriere delle
Comunicazioni, è ancora lontano un accordo con il ministero dello
Sviluppo economico. "Il ministero della Difesa ha manifestato
una tendenziale disponibilità" ha infatti detto il presidente
Agcom Corrado Calabrò aggiungendo che le frequenze "saranno
liberate – questa la sua esortazione – perché non possono non
esserlo". In gioco, appunto, l'esito della gara: il
"buco" delle frequenze a 2,6Ghz sarebbe difficile da
sostenere di fronte ai futuri candidati all'asta, le società
di Tlc, a cui si chiede di sborsare 2 miliardi e mezzo. Oltretutto,
mentre il governo sta per assegnare in beauty contest i 5+1
multiplex alle tv nazionali (compresa Sky), confermato oggi da
Romani. La settimana prossima sarà decisiva per conoscere
l'esito delle trattative sulla porzione dello spettro radio
militare. Si tratta di 190 Mhz di spettro di cui la Difesa tiene
bloccati 135Mhz, necessari però alle telco per realizzare
l'Lte di prossimità.

Ma la partita più bollente si giocherà sulla parte bassa dello
spettro: sulla banda 800Mhz, la "terra promessa" degli
operatori di telecomunicazioni. Fino a oggi i canali dal 61 al 69
che il Piano nazionale di ripartizione frequenze modificato dal
ministero dello Sviluppo economico destina ai servizi di
comunicazione elettronica, erano in mano alle emittenti locali. Che
promettono battaglia: la richiesta è che ogni operatore di tv
analogica possa diventare operatore digitale. Le trattative fra
associazioni e ministero sono aperte e molteplici le ipotesi sul
piatto: accanto a eventuali soluzioni economiche si studia
l'introduzione di un regime di must carry che garantisca alle
emittenti "esuli" l'ospitalità sulle piattaforme di
emittenti titolari di concessione.

In particolare ha una storia a sé il canale 69, storicamente del
ministero della Difesa, che nel corso dello switch off era stato
assegnato, dietro richiesta del ministero dello Sviluppo economico,
alle tv locali. È sul 69 che oggi il ministro Romani ha chiarito
la posizione dei militari: "Il ministero della Difesa aveva
una sorta di riserva sul canale 69 che dovrà essere messo a
disposizione come tutti gli altri canali della Banda 800". In
cambio della "non restituzione" del canale 69, al
ministero della Difesa potrebbero venire assegnate porzioni nelle
frequenze Vhf.

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