Porta la firma di AT&T quello che si profila come l’investimento più imponente del momento nel comparto delle tlc. Mercoledì 7 novembre, il colosso americano delle telecomunicazioni ha infatti annunciato un piano a 9 zeri – 14 miliardi di dollari tondi – diretto a potenziare ed espandere in particolare la propria rete a banda larga mobile. Ribattezzata “Project Velocity IP”, l’operazione punta a portare a quota 300 milioni il portafoglio clienti coperti dal 4G di qui al 2014. E dovrebbe contemplare, tra gli altri, l’acquisizione di nuove porzioni di spettro.
“Si tratta di un consistente impegno volto a favorire le infrastrutture digitali del 21esimo secolo rafforzandone la diffusione nel nostro paese”, ha spiegato l’amministratore delegato di AT&T Randall Stephenson, sottolineando le ricadute positive sia in termini di “profitti per l’azienda” che di “costi per il consumatore”.
A suggello di un lungo trend positivo, nei tre anni successivi all’investimento l’azienda confida di incrementare gli utili del 4/6%. L’acconto sul dividendo trimestrale è stato inoltre aumentato al 2,9% “per il 29esimo anno consecutivo”. Il pacchetto AT&T scommette nello specifico sulle reti wireless e wireline IP (rete cablata), con una spesa di 8 miliardi per le prime e 6 per le seconde. L’operatore prevede in tal modo di espandere il raggio d’azione del suo network Lte ad aree del paese precedentemente non coperte raggiungendo un totale di 50 milioni di nuovi utenti. Ce n’è anche per lo sviluppo fibra, che dovrebbe toccare un milione di clienti commerciali in più entro il 2015. Mentre le spese per il capitale arriverebbero a lambire in media i 22 miliardi all’anno.
L’eco del mega-investimento, senza sorprese, è già rimbalzata oltreoceano. Anzitutto perché, come fanno sapere fonti interne alla telco statunitense, una fetta consistente delle attrezzature utilizzate per il miglioramento e l’estensione delle sue reti dovrebbe provenire proprio da produttori europei.
Ma, più in generale, l’Ue guarda con interesse agli sviluppi del mercato americano a fronte di un clima domestico di severa incertezza, e crescente timidezza, proprio per quel che riguarda gli investimenti nelle infrastrutture di nuova generazione. Una situazione in parte legata al calo di ricavi registrato dalla maggior parte degli operatori del Vecchio Continente, in netta controtendenza proprio rispetto agli omologhi transatlantici.
Stando ad un’inchiesta diffusa in aprile dal Credit Suisse, l’industria delle tlc imputa quasi all’unanimità i rallentamenti e i ritardi europei ad un quadro regolamentare ancora troppo poco favorevole. Il messaggio, reiterato in una miriade di occasioni, sembra aver finalmente fatto breccia nella controparte istituzionale. Tant’è vero che la Commissione di Bruxelles ha di recente annunciato l’adozione di una serie di misure legislative volte a favorire l’espansione delle reti Ngn, in parte perché preoccupata di veder sfumare gli obiettivi dell’agenda digitale fissati per il 2020. In particolare, il 12 luglio scorso il titolare europeo all’Agenda Digitale Neelie Kroes ha tratteggiato alcune significative anticipazioni su un pacchetto di raccomandazioni che dovrebbe essere adottato in via ufficiale nella primavera del 2013.
Nonostante le premesse siano decisamente migliori, la questione è tuttavia oggetto di dibattito anche in quel di Washington. A seguito dell’annuncio di AT&T, Fred Upton e Greg Walden – rispettivamente presidenti della commissione per il commercio e l’energia e della sottocommissione per le comunicazioni e tecnologie del Congresso statunitense – hanno auspicato che la legislatura entrante “passi al vaglio la necessità di aggiornare le politiche in materia di telecomunicazioni allo scopo di soddisfare le sfide poste dall’espansione di Internet”. L’obiettivo, anche in questo caso, è quello di creare condizioni regolamentari più fertili per rafforzare l’ingresso di capitali nel settore.