ASSTEL

Avenia: “Ict, chiave la riforma del lavoro”

Asstel dà vita ad un team dedicato all’analisi delle proposte che saranno elaborate dal governo Monti. Il presidente: “Porteremo avanti le istanze del comparto insieme con Confindustria Digitale. Pronti a sottoporre iniziative ad hoc”

Pubblicato il 23 Gen 2012

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È la riforma del diritto del lavoro a rappresentare uno dei perni della “fase due” della Manovra Monti, quella dedicata allo sviluppo e alla crescita.
Asstel, l’associazione che rappresenta nel sistema Confindustria la filiera delle Tlc – il cui timone è passato a inizio dicembre, dalle mani di Stefano Parisi a quelle di Cesare Avenia – segue con attenzione gli sviluppi del tema. “L’attesa per la riforma del diritto del lavoro è molto grande. In Asstel abbiamo costituito un gruppo ad hoc, pronto ad analizzare le proposte del governo ed, eventualmente, elaborarne di specifiche, tenendo conto delle esigenze del comparto delle Tlc”, annuncia al nostro giornale il presidente Avenia. “Per quanto riguarda la crescita e lo sviluppo del Paese, abbiamo dato la massima disponibilità al governo e, insieme con Confindustria Digitale, di cui peraltro Asstel è fra i soci fondatori, intendiamo portare avanti le istanze del settore, uniti e compatti. E in tal senso abbiamo anche scritto al Presidente del Consiglio, al ministro dello Sviluppo Economico ma anche agli altri titolari dei dicasteri che hanno o possono avere a che fare con l’Ict, per poter discutere delle problematiche e sottoporre proposte e iniziative concrete”.
Presidente, come vede il 2012?
È un anno che ci preoccupa. E non poco. Secondo i risultati delle analisi dell’anno 2010 annunciati in occasione del Forum di giugno organizzato insieme con i sindacati, per la prima volta la contrazione delle vendite del comparto ha fatto il paio con la perdita di posti di lavoro. E da un esame dei primi dati del 2011 la situazione non è migliorata, anzi conferma il trend negativo anche e soprattutto in considerazione della rinnovata crisi economica. Sicuramente quest’anno ci saranno degli impatti a livello occupazionale, inutile negarlo. Ma l’Ict ha una carta in più: genera crescita. Purtroppo l’Italia non ha ancora saputo sfruttarne appieno le potenzialità, ma può recuperare.
In che modo?
Se l’Ict sarà considerato, come auspichiamo, uno dei pilastri del programma di sviluppo del governo Monti, non solo ciò permetterà di ridare slancio al comparto, ma più in generale a tutta l’economia. L’Ict è uno dei cardini dello sviluppo economico, è il motore della ripresa. Dove c’è crescita sicuramente c’è Ict, o comunque c’è innovazione. Ed è ora di accelerare in questa direzione.
Dove devono concentrarsi gli investimenti?
Intanto è bene puntualizzare che l’Italia è allineata agli altri Paesi in termini di difficoltà del comparto Ict. Non è un problema solo italiano. Rispetto agli altri abbiamo però un vantaggio: la banda larga mobile è più sviluppata che altrove. E anche se ciò non permette di colmare le perdite registrate da altri segmenti del settore è pur vero che si può in qualche modo orientare il futuro. È questo lo scenario su cui si deve lavorare.
Banda larga mobile. E quella fissa?
Gli investimenti devono concentrarsi in entrambe le direzioni partendo dai distretti industriali e dalle aree in cui c’è concentrazione di imprese. Nelle zone a fallimento di mercato riteniamo fondamentale l’impulso del governo. Per il resto, devono essere le aziende a farsi carico degli investimenti e ad adeguare una volta per tutte le loro infrastrutture se davvero vorranno essere competitive e avere una chance di ripresa e di futura crescita. Si tratta di una scelta di qualità.
Intanto il contratto di settore è scaduto.
Quello delle Tlc è, insieme a molti altri, un settore che considera il 2012 un anno importante: oltre alla questione della crisi c’è anche da affrontare quella del rinnovo contrattuale. Il sindacato ci ha presentato una proposta e un primo incontro è in programma per fine gennaio, ma al momento le premesse non sono delle migliori. La proposta economica del sindacato è sconcertante considerato il momento critico, la sofferenza di molte aziende, il rischio di perdita di ulteriori posti di lavoro. Insomma, sembra che i sindacati non abbiano tenuto conto di tutto ciò, senza peraltro risultare allineati con quanto previsto dagli accordi interconfederali firmati in materia. È necessario trovare un punto di incontro partendo dalla realtà.

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