Intervenire in ambito giuslavoristico e investire sulla competenze professionali per innovare e rendere competitivo il settore dei call center. E’ la “ricetta” che Asstel ha presentato oggi davanti alla commissione Lavoro della Camera.
Secondo l’associazione esempi di intervento potrebbero essere forme salariali legate a reali incrementi della produttività individuale/collettiva e strumenti informatici che operino nel segno del miglioramento della qualità del servizio, uscendo da logiche ormai antistoriche come quelle del controllo a distanza. Sul fronte formazione sarebbero utili – si legge nel testo dell’audizione – anche finanziamenti alla formazione ( come ad esempio Fondimpresa, Fse) che consentano, anche attraverso moduli E-learning, di promuovere una continua crescita delle competenze professionali.
“Ci sembra quindi – ha detto il presidente di Asstel, Cesare Avenia – che per generare una sana ripresa di questo comparto industriale sia condizione necessaria e sufficiente agire avendo riguardo agli operatori Tlc ed al relativo indotto essendo entrambi parte costitutiva e inscindibile del settore”. A titolo esemplificativo – “e non esaustivo” ha tenuto a specificare Avenia durante l’audizione – servirebbero soluzioni che permettano misure di defiscalizzazione degli investimenti per consentire una sana e robusta politica degli investimenti e interventi che ribilancino l’incidenza dell’Irap per ridurre l’incidenza del costo del lavoro. Importanti anche il lancio di misure che permettano di avere organizzazioni del lavoro più innovative e tecnologicamente avanzate nonché interventi salariali e contrattuali più aderenti alla produttività e alla qualità del servizio,
“Dare attuazione all’agenda digitale – ha poi ricordato Avenia – per consentire un vero rilancio del modello di servizi Tlc creando le condizioni per nuovi investimenti e nuove competenze. La crescita e lo sviluppo complessivi della filiera sono la condizione per il rafforzamento del settore dell’outsourcing. Così si creano le condizioni per mantenere il lavoro in Italia”.
L’audizione è stata anche l’occasione per fare un ricognizione del settore. “Il fatturato delle grandi imprese che svolgono servizi di customer care in outsourcing associate ad Asstel è di circa 740 milioni (anno 2013) ed è pari a oltre la metà del fatturato complessivo del settore outsourcing che, secondo i dati di Assocontact, ammonta complessivamente a 1.300 milioni – ha ricordato Avenia – Infatti Il business model dell’outsourcing è nato alla fine degli anni 90 per rispondere alle esigenze delle imprese di telecomunicazione ed è costantemente cresciuto estendendosi anche ad altri soggetti quali, per citare i più rilevanti, banche, utilities e Pubblica amministrazione. Di conseguenza il fatturato degli outsourcers derivante da commesse di Operatori di telecomunicazioni, pur crescendo in valore assoluto, si è percentualmente ridotto ed oggi si attesta tra il 40% ed il 50% del complessivo fatturato degli outsourcers”.
Il presidente ha poi sottolineato che nell’ultimo rinnovo del contratto nazionale sono state introdotte “specifiche previsioni per venire incontro alle esigenze di flessibilità organizzativa per le attività di customer care, con l’obiettivo di mantenere competitivo il lavoro e difendere salari e occupazione”.
Nel dettaglio, in occasione dell’ultimo rinnovo contrattuale, stipulato il 1° febbraio 2013, con i sindacati è stato concordato un rafforzamento dell’articolo 53, in primo luogo regole – ispirate a principi di eticità – a cui le imprese committenti appalti di attività di call center devono attenersi nel conferire un appalto: consistenza imprenditoriale dell’appaltatore (o del Gruppo di appartenenza) che garantisca tanto l’autonomia organizzativa, che quella finanziaria derivante da una diversificazione del portafoglio ordini; assenza di procedure concorsuali in atto al momento della stipula; applicazione del presente Ccnl o di un Ccnl ad esso complessivamente equivalente; presenza di un codice etico aziendale dell’appaltante e dell’appaltatore coerente con i principi di responsabilità sociale d’impresa; assenza, all’atto della stipula o dell’eventuale rinnovo del contratto di fornitura, di comportamenti/situazioni in contrasto con i principi di garanzia della legalità.
“Infine, il nuovo l’art. 53 del contratto – ha sottolineato Avenia – ha previsto delle specifiche regole di confronto sindacale per le ipotesi di cambio appalto che generino gravi crisi occupazionali”.
Asstel, insieme ad Assocontact, ha, inoltre, stipulato con Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil l’Accordo economico collettivo 1° agosto 2013, per la determinazione del compenso dei lavoratori a progetto addetti ad attività di vendita, recupero crediti o ricerche di mercato, svolte da call center. “Si è trattato del primo accordo collettivo che fissa un compenso per un lavoro autonomo – ha spiegato il presidente di Asstel Con ciò abbiamo dato attuazione al comma 7 dell’art. 24 bis del d.l. 83/2012 (c.d. decreto sviluppo), che subordina l’utilizzo dei lavoratori a progetto per le attività sopra descritte alla individuazione di un compenso minimo da parte della contrattazione collettiva di riferimento”.
Per effetto dell’accordo sopra menzionato è stato stabilito un compenso orario minimo garantito, pari attualmente a 4,78 euro; tale compenso minimo è collegato alla dinamica dei minimi contrattuali del Ccnl Telecomunicazioni e, pertanto, cresce in parallelo con questi ultimi; inoltre, il meccanismo di calcolo del compenso stabilito dall’Accordo è tale che, attraverso gli incentivi riconosciuti per le vendite andate a buon fine, un lavoratore a progetto è messo in condizione di percepire un compenso alternativo ben più elevato e collegato ai risultati: il che vuol dire che il lavoratore percepirà il compenso più alto tra i due.
Avenia ha poi sottolineato la fase di difficoltà che la filiera delle Tlc sta attraversando che ha fatto registrare un notevole calo di ricavi per effetto della forte competizione, degli interventi regolatori e dei ritardi nell’attuazione dell’Agenda digitale.
Infine un focus sulla privacy, tema sempre più sensibile soprattutto all’indomani del Datagate. “A nostro avviso non appaiono fondate le motivazioni a supporto di un ulteriore intervento legislativo concentrato sulla necessità di assicurare le stesse garanzie di privacy dei dati dei clienti – ha detto Avenia – in quanto la legislazione corrente, nazionale ed europea, già prevede norme dirette alla tutela della riservatezza dei dati anche in caso di flussi transfrontalieri, sia nell’ambito dei Paesi dell’Unione, sia al di fuori di questi”.