Oggi la tecnologia Fttc “consente la copertura con prestazioni anche superiori ai 100mps e pertanto la costrizione a un eventuale Ftth sarebbe uno spreco di risorse e un danno per Telecom Italia, calcolabile in alcuni miliardi”. È quanto rilevano gli analisti di Equita Sim in un report odierno, in vista del Cdm di domani che discuterà del piano a banda larga e che, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe prevedere l’obbligo di passare all’architettura Fiber-to-the-home, con la contestuale rottamazione della rete in rame entro il 2030.
“Pensiamo che l’obiettivo del governo debba essere la performance della rete consegnata ai cittadini e non già la tecnologia sottostante, che evolve e muta nel tempo – scrivono gli analisti – e crediamo che alla fine l’interesse del governo alla banda larga sarà una opportunità”.
Inizia dunque il conto alla rovescia per il Cdm che domani dovrebbe varare il piano per la banda ultralarga. Piano che ha tenuto banco nel fine settimana. Il governo ha, dal canto suo, ha smentito le indiscrezioni di stampa sullo switch off della rete in rame al 2030.
“Le ricostruzioni uscite oggi su alcuni organi di stampa e precisa che i provvedimenti che saranno adottati dal governo si limiteranno ad applicare il Piano banda ultralarga per stimolare gli investimenti di tutti gli operatori – ha precisato il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli – Non sará presentato alcun decreto su Telecom o che imponga arbitrari spegnimenti della rete in rame. Gli obiettivi del piano del governo restano quelli europei: 30 Mbps al 100 per cento della popolazione, 100 Mbps al 50 per cento entro il 2020. Martedì dunque verrà adottato il Piano, apprezzato nella consultazione pubblica da tutti gli operatori e giudicato serio e ambizioso dagli osservatori europei; nelle prossime settimane verranno adottati tutti i provvedimenti attuativi volti a favorire gli investimenti ed aiutare la compiuta realizzazione del piano stesso per il raggiungimento degli obiettivi europei”.
La questione dello switch off sembrerebbe fuori dal piano, e secondo quanto risulta a CorCom all’appello mancheranno anche i decreti relativi alla costituzione del cosiddetto di un Fondo dei fondi per il finanziamento dei piani operativi pubblici in banda larga – e quello attuativo allo Sblocca Italia sul credito d’imposta sull’Ires e Irap fino al 50% del costo massimo dell’investimento per gli interventi strutturali sulla rete fissa e mobile e per gli impianti wireless e via satellite (inclusi gli interventi infrastrutturali di backhaul, per l’accesso alla banda ultralarga).
Il documento finale dovrebbe invece contenere le linee guida per la realizzazione del catasto delle infrastrutture ossia del database in cui saranno incluse tutte le infrastrutture del suolo e del sottosuolo (tralicci energia elettrica, tubature gas, rete idrica e fognaria) con l’obiettivo da individuare quelle utilizzabili per facilitare la posa dei cavi in fibra da parte delle telco ma anche per abbattere i costi stessi della posa, almeno nell’ordine del 20%. Secondo quanto si apprende, dal prossimo anno tutte le società che realizzano infrastrutture dovranno fare confluire le stesse nel database.
E sempre secondo quanto risulta a CorCom il governo punterebbe sulla defiscalizzazione anche nelle aree nere per spingere la realizzazione delle nuove reti anche nelle aree a forte concentrazione di investimenti in particolare facendo leva sull’upgrade delle connessioni da 30 Mbps a 100 Mbps che per non cadere nelle maglie delle normativa europea sugli aiuti di Stato devono prevedere un “upgrade tecnologico”. E l’upgrade tecnologico nelle aree nere non può che avvenire attraverso la tecnologia fiber-to-the-home visto che nelle grandi città e nei centri urbani di media dimensione di fatto con il fiber to the cabinet già si garantiscono prestazioni elevatissime in termini di connettività alla Rete.