Il fair share europeo prende forma con il voto del Parlamento Ue che, nella plenaria del 13 giugno, si è espresso in maggioranza a favore di una risoluzione a sostegno del principio senders-pay, ovvero chi manda traffico sulle reti paga.
In pratica, il Parlamento europeo dice sì alla richiesta di istituire “un quadro politico in cui i grandi generatori di traffico contribuiscano equamente al finanziamento adeguato delle reti di telecomunicazioni, fatta salva la neutralità della rete”.
La formulazione è stata introdotta con un emendamento dell’eurodeputata francese Stéphanie Yon-Courtin al Rapporto annuale sulla concorrenza redatto dall’eurodeputato tedesco René Repasi.
In gioco gli obiettivi del Digital Compass 2030
La richiesta di un’iniziativa senders-pay è stata sostenuta da una grande quota del Partito popolare europeo di centro-destra e dei Socialisti e Democratici di centro-sinistra, mentre Ecr ha votato a gran parte contro. Il gruppo centrista Renew è rimasto più diviso, ma la maggioranza ha comunque sostenuto i principi senders-pay grazie ai numerosi eurodeputati francesi del gruppo.
La relazione annuale sulla concorrenza presentata al Parlamento europeo parla della necessità di un approccio di fair share, o equa partecipazione ai costi, soprattutto ora che l’Ue è impegnata a raggiungere gli obiettivi di connettività del Digital Compass 2030. Entro il 2030, tutte le famiglie dell’Ue dovrebbero avere connettività gigabit e tutte le aree popolate dovrebbero essere coperte dal 5G.
La misura senders-pay
Il principio senders-pay accoglie la posizione dei grandi operatori delle reti di telecomunicazione, secondo cui le aziende big tech generano la maggior parte del traffico e raccolgono la maggior parte dei benefici dell’economia di Internet senza pagare i costi delle reti che trasportano quel traffico.
Il principio, basato sul cosiddetto fair share, è stato sostenuto fin dal maggio 2022 dal commissario per il mercato interno Thierry Breton, ex amministratore delegato di France Telecom. La Commissione europea ha, poi, avviato una consultazione pubblica nel febbraio 2023 per verificare le posizioni dei diversi interlocutori e la percorribilità di un contributo degli over-the-top ai costi della rete.
“Internet ad alta velocità richiede investimenti elevati. Ecco perché, oltre a facilitare l’implementazione della rete a breve termine, stiamo esplorando l’importante questione di chi dovrebbe pagare per la prossima generazione di infrastrutture di connettività”, è la posizione di Breton. Il commissario ha ribadito il suo punto di vista intervento a un recente evento Euractiv: “Il divario di investimenti più ottimistico entro il 2030” ruota intorno a “175 miliardi di euro” per gli operatori di telecomunicazioni.
Le spaccature nel Consiglio Ue
Ovviamente il principio del fair share ha i suoi detrattori, a partire dalle big tech. Ma anche le organizzazioni della società civile sono critiche, temendo che la proposta sia contraria alla neutralità della rete in quanto richiederebbe di identificare chi genera il traffico internet e qual è la tipologia di traffico generato.
Anche i regolatori delle telecomunicazioni riuniti nel Berec hanno espresso un parere negativo, convinti che l’intervento normativo non sia necessario, perché l’ecosistema di Internet ha mostrato la capacità di adattarsi in passato.
Ma soprattutto, nel Consiglio dei ministri dell’Ue permangono le spaccature su un’eventuale proposta della Commissione europea per “tassare” le big tech. Alla riunione del Consiglio delle telecomunicazioni del 2 giugno, molti paesi dell’Unione hanno chiesto cautela. Al contrario, convinti sostenitori del fair share sono sono Italia, Francia e Spagna, da sempre vicini alle posizioni di Breton.
Butti: “Seguiamo con attenzione il dibattito”. Il Sottosegretario a Telco per l’Italia
“Stiamo seguendo con estrema attenzione il dibattito e le posizioni che stanno emergendo in Europa da parte dei diversi attori coinvolti sul tema del cosiddetto fair share. Si tratta di una questione estremamente complessa e per questo auspichiamo che qualunque proposta in via di definizione in sede europea possa essere sostenuta da un’attenta analisi dei costi e dei benefici, affinché si valutino in modo approfondito gli impatti delle misure sullo sviluppo di Internet, oltre che sulla trasformazione digitale di imprese e Pubblica Amministrazione”. Così il Sottosegretario di Stato con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti.
Butti sarà presente a Telco per l’Italia a Roma il 15 giugno.