Tre gare differenziate per la realizzazione dell’infrastruttura, della gestione e manutenzione della rete, dell’accensione dei servizi. Oppure due gare, una per la posa della fibra passiva e l’altra per l’accensione dei servizi, mentre le attività di gestione e manutenzione resterebbero in capo a Infratel. Ripartizione delle risorse a livello locale, con appalti segmentati regione per regione, oppure per accorpamenti interregionali. E non si escludono maxi-bandi nazionali. O, ancora, gare suddivise per “tipologie” di intervento: distretti industriali, aree urbane o semi-urbane, aree rurali.
Non c’è ancora niente di definito in merito alle tipologie e modalità di gara per la banda ultralarga ma le ipotesi in campo sono tante. E pure le variabili. Il Governo punta a bandire le prime gare già entro l’estate, ma non sarà così semplice. Per cominciare senza il disco verde della Commissione Ue non si potrà procedere con l’assegnazione delle risorse per l’anno in corso (300 i milioni di euro secondo la ripartizione del Cipe): il Piano per le aree C e D è stato pre-notificato a Bruxelles ma secondo quanto risulta al nostro giornale la Commissione avrebbe richiesto più chiarimenti del previsto (nel momento in cui si scrive l’interlocuzione è in corso a oltre un mese dalla pre-notifica) e mosso una serie di osservazioni che hanno già fatto slittare la roadmap dei lavori relativa alla notifica formale del documento, preventivata inizialmente entro fine gennaio. Il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli nei giorni scorsi si è detto fiducioso sull’evoluzione della vicenda annunciando “a giorni” l’ok di Bruxelles (a cui farà seguito la notifica formale del documento e quindi il successivo via libera ufficiale).
E non c’è niente di definito nemmeno riguardo agli attori in campo. Un cosa è certa: il nuovo piano del governo esclude gli operatori verticalmente integrati (e quindi gli operatori di Tlc) per quanto riguarda la fase di realizzazione della rete che sarà dunque “riservata” ai costruttori – da Ericsson a Sirti passando per Eds, solo per fare qualche nome. Enel Open Fiber e Metroweb gli altri due soggetti che, allo stato dell’arte, potrebbero decidere di farsi avanti.
E Telecom potrebbe in qualche modo rientrare dalla finestra, si fa per dire, solo a fronte di uno “scorporo” di Open Access – eventualità non così peregrina – oppure con una newco ad hoc, quella in discussione con Metroweb, anche se il patto fra le due è decisamente orientato a unire le forze sulle aree nere (250 città circa). Ma le principali incognite riguardano il ruolo di Enel Open Fiber, la società capitanata da Tommaso Pompei e creata ad hoc per le attività di posa della fibra. La società, che doveva presentare il business plan entro gennaio, sta ancora valutando il da farsi alla luce del rinnovato scenario.
Di fatto, sta facendo i conti per capire se sia conveniente andare a impegnarsi nella posa di infrastrutture di proprietà statale, insomma se il gioco vale davvero la candela pur in considerazione della necessità – espressa dalla stessa azienda – di poter disporre di fibra passiva nell’ambito del piano di sostituzione dei vecchi contatori e in vista delle esigenze presenti e future in chiave smart grid. La società sta inoltre valutando quando vale l’altra partita, quella della gestione e manutenzione dell’infrastruttura. In realtà le criticità maggiori riguardano proprio questo “pezzo” del percorso che potrebbe persino essere assegnato “forzatamente” in capo a Infratel – come è peraltro indicato nella delibera Cipe in caso di gare andate deserte.
Gestire e manutenere una rete non proprietaria e peraltro che non si “maneggia” con disinvoltura è una questione non da poco. Ed è una questione non da poco anche quella che riguarda la capacità di Infratel di garantire il “servizio”: l’in-house del Mise capitanata da Salvatore Lombardo stando al bilancio 2014 ha in organico una settantina di persone e se è vero che dichiara 4mila persone (distaccate) occupate nei cantieri, non vanta dunque all’attivo una struttura in grado di fare fronte alle attività di gestione e manutenzione di una infrastruttura che necessiterà inevitabilmente di una forza cospicua in campo. Un problema a cui dovrà far fronte, nel caso decidesse di partecipare alle gare, anche Enel Open Fiber, visto che la società non vanta al momento una quantità di risorse tali da fronteggiare la partita.
Non solo. Stando al modello di intervento diretto, quello selezionato dal Cobul, per le aree bianche e grigie la gestione e manutenzione della rete non è a tempo indeterminato: una volta completato l’intervento infrastrutturale – si legge nella scheda descrittiva del modello a intervento diretto – sarà selezionato mediante gara a evidenza pubblica un soggetto concessionario (che potrà essere costituito anche da più operatori riuniti nelle forme previste dalla normativa applicabile), che si impegna a offrire l’accesso passivo e a cedere i diritti di uso delle infrastrutture realizzate agli operatori Tlc che collegheranno i clienti finali al servizio di connettività di nuova generazione. Il soggetto concessionario sarà responsabile della manutenzione delle infrastrutture garantendo gli Sla concordati con gli operatori. La durata della concessione sarà rapportata agli investimenti e relativi ammortamenti cui sarà tenuto l’affidatario in relazione ai relativi rischi e in ogni caso, dovrà avere durata limitata, per esempio, 10 anni. Dieci anni sono abbastanza per remunerare il “concessionario”?
Intanto l’accordo trovato in Conferenza Stato-Regioni ha chiarito la roadmap dei lavori: si parte dalle aree bianche, per poi approdare in quelle grigie e sono le Regioni del Centro-Nord a beneficiare degli 1,6 miliardi della delibera Cipe (ci sono 600 milioni di disavanzo a causa degli aggiornamenti dei piani comunicati dalle telco in occasione della consultazione Infratel) a cui si aggiungono 1,8 miliardi fra fondi Fesr e Feasr e circa 233 milioni di Pon imprese e competitività (per le regioni del Sud), per un totale di 3 miliardi disponibili.