Il fair share sarà uno dei temi più rilevanti nel corso del 2025, e gli Stati Uniti potrebbero fungere da apripista in tal senso. La Corte Suprema si pronuncerà infatti su un caso critico riguardante la costituzionalità dell’attuale processo di contribuzione dello Universal Service Fund (Usf). Ciò pone il Congresso di fronte alla necessità di riformare un programma che aiuta circa 100 milioni di americani a connettersi a Internet ogni anno. Lo sottolinea Strand Consult, che nell’analisi dedicata all’evoluzione del mercato globale delle Tlc nei prossimi 12 mesi pone al centro le possibili trasformazioni del mercato americano.
Il mercato americano alla ricerca di un nuovo meccanismo contributivo
Una serie di fattori favorisce la riforma dell’Usf nel 2025, tra cui, ma non solo, la campagna elettorale dell’amministrazione Trump per la riduzione dei costi per i consumatori e la responsabilizzazione delle big tech, la ricaduta del programma Broadband Equity, Access, and Deployment (Bead) dell’amministrazione Biden (che ha inasprito i politici e l’opinione pubblica nei confronti di pacchetti di spesa giganteschi e in deficit che non riescono a produrre risultati) e l’ondata di sostegno negli Stati Uniti per modernizzare il finanziamento dei sussidi per la banda larga, tra cui una proposta di legge sponsorizzata dal senatore, ora vicepresidente eletto, J.D. Vance. Inoltre, sono già state avanzate proposte di legge bipartisan per riformare l’Usf e possono essere riproposte per il prossimo Congresso.
D’altra parte, la scorsa settimana la Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Sesto Circuito ha annullato le regole sulla net neutrality ripristinate dalla Federal Communications Commission che impedivano ai fornitori di servizi internet di rallentare o bloccare contenuti o di differenziare le tariffe. La decisione rappresenta un altro assist al neo presidente Usa, che ha promesso di revocare le misure volute da Biden.
È probabile che solo gli Stati Uniti riescano a incorporare le big tech nell’Usf. Tuttavia, altre nazioni e regioni possono e devono perseguire un recupero dei costi basato sul mercato, come sta succedendo nei Caraibi, in America Latina, in Africa e in Asia. La questione si è invece arenata in Italia, dove l’introduzione del fair share non ha trovato spazio nel Ddl Concorrenza. Il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, aveva presentato un emendamento alla legge per regolare il contributo, ma la proposta è stata ritirata dopo il parere contrario del governo.
I nodi delle netco vengono al pettine
Per il 2025 Strand Consult prevede che il prezzo del capitale sarà volatile e che le telco registreranno prezzi diversi nei mercati finanziari di tutto il mondo. Anche la gestione del costo dello sviluppo tecnologico si fa sempre più complessa, e si discute su come si svilupperà in futuro la spesa in conto capitale (capex) tra i diversi operatori.
Dopo un periodo in cui gli operatori di telefonia mobile hanno venduto le loro torri e suddiviso le loro attività in società di servizi e infrastrutture separate, molti metteranno in dubbio la bontà di queste operazioni e cercheranno altri modi per creare valore a lungo termine per gli azionisti, piuttosto che un profitto una tantum.
A seconda del Paese, se la società madre vende l’azienda di servizi, le autorità garanti della concorrenza possono impedire alla società di rete di costringere quella di servizi ad acquistare i propri servizi. In pratica, i servizi venduti dalla società di infrastrutture potrebbero essere esposti a una concorrenza massiccia.
C’è anche il rischio che la società di infrastrutture rinvii gli investimenti in nuove tecnologie per ottenere un ritorno dalle reti esistenti. Posticipare il lancio del 6G di due o tre anni potrebbe aumentare il rendimento dell’investimento nel 5G.
Resa dei conti anche per le tecnologie Open Ran
Per Strand Consult il 2025 sarà anche l’anno della resa dei conti per la tecnologia Open Ran. La storia che gli operatori possono supplire all’hardware Huawei e Zte con architetture Open Ran non regge più. Per la società di consulenza, si tratta di un fallimento come soluzione commerciale e di sicurezza. Le interfacce interoperabili e il software aperto non possono sostituire in toto le tecnologie di rete classiche, e per attuare il piano occorre la partecipazione di aziende governative cinesi, rendendolo poco appetibile. Non è un caso che aziende come Vodafone e T-Mobile si siano impegnate ad acquistare soluzioni Open Ran, ma non hanno poi dato seguito al proponimento.
Del resto, le restrizioni imposte dagli Stati Uniti alle aziende cinesi produttrici di chip hanno un impatto anche sulle apparecchiature che i fornitori di reti cinesi possono mettere a disposizione. Mentre l’Occidente si muove verso i chip a 5 nanometri, la Cina rimane su una piattaforma più vecchia. Le aziende cinesi hanno cercato di aggirare le restrizioni, ad esempio modificando l’hardware e il software per compensare l’elaborazione migliore, ma questo non basta. Nel frattempo, il mercato interno cinese delle apparecchiature Ran 5G è quasi saturo. Per questo motivo Strand Consult prevede che i fornitori cinesi praticheranno il dumping dei prezzi in alcune zone dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa.
L’evoluzione dello scacchiere geopolitico
Il 2025 sarà un anno di svolta soprattutto sotto il profilo degli equilibri geopolitici. Donald Trump tornerà alla Casa Bianca il 20 gennaio, ma molti leader mondiali lo considerano già il Presidente de facto. La Commissione europea ha invece dato l’addio al suo personaggio più potente, Margrethe Vestager.
Per quanto riguarda le telecomunicazioni, la nuova amministrazione americana garantisce di mettere di nuovo al centro il tema della deregolamentazione. Il Department of Government Efficiency (Doge), un gruppo ad hoc guidato da Elon Musk e Vivek Ramaswamy, promette di tagliare un terzo del bilancio federale, ridurre gli organici e tagliare la regolamentazione. Ciò significa che le norme sulle telecomunicazioni adottate su base partitica dall’attuale amministrazione sono in via di estinzione, se i tribunali non le annulleranno prima. La politica di sicurezza delle reti è essenzialmente bipartisan e continuerà, se non si rafforzerà, e in effetti si estende per molti anni attraverso entrambi i partiti.
Il 2025 dovrebbe caratterizzarsi poi per una maggiore attenzione alla sicurezza delle reti e alla riduzione dei rischi. Strand Consult prevede il ritorno di Clean Networks, un’iniziativa lanciata durante la prima amministrazione Trump dall’ambasciatore Keith Krach, sottosegretario di Stato per la crescita economica, l’energia e l’ambiente. L’iniziativa riuniva nazioni e aziende che rappresentavano più della metà del prodotto interno lordo mondiale e prometteva un’esperienza di rete costruita sulla fiducia con componenti provenienti da fornitori di Paesi democratici.
Trump probabilmente ripristinerà Clean Networks e promuoverà un programma di fornitori affidabili in tutto il mondo. Senza uno sforzo sostenuto da parte del Dipartimento di Stato, molti dei Paesi e delle aziende che hanno promesso un’esperienza di reti pulite e affidabili non hanno dato seguito alla promessa.
Clean Networks è coerente con gli strumenti sviluppati dall’Ue per il 5G, quindi gli Stati Uniti e l’Europa possono costruire su un’area importante con un allineamento naturale.
Guardando a Est, Strand Consult prevede che la Cina si difenderà in modo più aggressivo. Lo farà basandosi sulla narrazione che si tratta di una nazione pacifica che tutela imprese e scambi commerciali: gli Stati Uniti e gli altri attori internazionali non dovrebbero dunque intromettersi negli affari.