Parcellizzare fino “all’osso” il territorio nazionale in modo da avere una mappa sempre più dettagliata delle aree bianche e grigie con l’obiettivo di rendere disponibile l’infrastruttura a banda ultralarga al massimo numero di cittadini. È questo, secondo quanto risulta a CorCom, il piano a cui sta lavorando il governo e che, sempre secondo quanto risulta al nostro sito, si concretizzerà già a partire dalla prossima consultazione pubblica.
Già la prima mappatura – i cui risultati sono stati resi disponibili da Infratel lo scorso ottobre – ha consentito di ottenere una granularità territoriale come mai prima d’ora: rispetto al 2014 il numero degli operatori è passato da 7 a 30 e per la prima volta il territorio nazionale è stato suddiviso in 94.645 aree. Ma il governo punta molto più in alto: le 94mila e passa aree sarebbero troppo “poche” per consentire una rilevazione di precisione e addirittura si starebbe valutando l’ipotesi di replicare il modello francese (France Tdh) in cui i cluster corrispondono alle singole unità immobiliari. In questo modo si potrebbero modulare i bandi per consentire il cablaggio di tutti gli edifici localizzati nelle aree a fallimento di mercato senza rischiare “zone d’ombra” ossia di aprire un nuovo digital divide. Anche perché la percentuale degli italiani che vive nelle aree C e D non è risibile: stando alle stime l’ordine è del 35%.
Secondo i dati della consultazione 2015 di qui al 2018 il 36,3% delle unità immobiliari non sarebbe collegato ad alcuna rete a banda ultralarga, mentre solo il 21,42% del totale sarebbe collegato in modalità FTTB/FTTH/FTTDP. Il tutto a fronte di obiettivi al 2020 che prevedono il 100% del territorio raggiunto dai 30 Mbps e l’85% del territorio a 100 Mbps.
Il governo potrà utilizzare anche un altro strumento per la mappatura: il Catasto nazionale delle infrastrutture annunciato lo scorso novembre dal sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli.