IL PIA

Banda ultralarga: Renzi dà il via libera al piano

Il premier firma il documentro strategico. Via libera anche al Crescita digitale. Ora inizia la partita dei decreti attuativi. Giacomelli: “A giorni i primi provvedimenti”

Pubblicato il 10 Mar 2015

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Il premier Matteo Renzi ha firmato il piano per la banda ultra larga e quello per la Crescita digitale approvati in Cdm la scorsa settimana Lo annuncia con una foto su Twitter il portavoce di palazzo Chigi, Filippo Sensi. I documenti programmatici verranno inviati a Bruxelles. E ora inizia la partita dell’attuazione; in questo senso si è espresso il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, ha annunciato che saranno pronti “a giorni” i decreti attuativi relativi al piano per lo sviluppo della banda ultralarga. Si inizierà con quelli già pervisti dallo Sblocca Italia.

Per il Piano ultrabroadband il governo ha messo sul piatto risorse pubbliche per 6 miliardi (a cui si sommano i fondi collegati del Piano Juncker) con l’obiettivo di superare gli obiettivi indicati dall’Agenda digitale europea: si punta infatti ad arrivare al 2020 con l’85% della popolazione raggiunta da connessioni a 100 Mb (il piano europeo fissa la soglia del 50% della popolazione) e connessioni a 30 Mb per tutta la popolazione.

In dettaglio il piano prevede una suddivisione del territorio per lotti: 4 i cluster che saranno sottoposti a strumenti di agevolazione e partenariato pubblico privato”. Il tutto garantendo la neutralità tecnologica.

Ci sono inoltre agevolazioni tese ad abbassare le barriere di costo di implementazione, semplificando e riducendo gli oneri amministrativi; coordinamento nella gestione del sottosuolo attraverso l’istituzione di un Catasto del sotto e sopra suolo che garantisca il monitoraggio degli interventi e il miglior utilizzo delle infrastrutture esistenti; adeguamento agli altri Paesi europei dei limiti in materia di elettromagnetismo; incentivi fiscali e credito a tassi agevolati nelle aree più redditizie per promuovere il “salto di qualità”; incentivi pubblici per investire nelle aree marginali; realizzazione diretta di infrastrutture pubbliche nelle aree a fallimento di mercato.

La soluzione individuata dalla Strategia è quella di un sistema articolato di nuove regole, che accompagni alla migrazione, progressiva e concordata, verso la nuova rete in fibra ottica. Una serie di misure ad hoc verranno inserite in un provvedimento specifico: il “servizio digitale universale”; un fondo di garanzia; voucher di accompagnamento alla migrazione verso la fibra ottica; convergenza di prezzo per i collegamenti in fibra ottica realizzati con sovvenzioni statali, al prezzo dei collegamenti in rame.

Sarà la Presidenza del Consiglio a coordinare l’attuazione della strategia per la banda ultralarga e a dare conto dei risultati raggiunti ogni sei mesi a partire dal secondo semestre di quest’anno. Il Cobul – il Comitato per la diffusione della Banda Ultralarga – vede in campo in pole position la Presidenza del Consiglio insieme con Mise, Agid, Infratel e Agenzia per la Coesione.

In dettaglio, si legge sul documento, l’attuazione della strategia per il settore pubblico è delegata a Infratel “eventualmente anche in coordinamento con le in-house regionali”. Regioni, Province autonome e Comuni definiscono i programmi operativi con il supporto tecnico di Infratel Italia e il coordinamento dell’Agenzia per l’Italia digitale.

Per favorire le sinergie il Mise da parte sua, anche in coordinamento con Unioncamere e altre associazioni di categoria “stimolerà l’aggregazione preventiva della domanda di connettività nelle aree bianche più densamente abitate e ricche di imprese. L’Agid invece si occuperà di favorire la collaborazione nell’ambito della realizzazione dei progetti La Buona Scuola, Salute e Giustizia Digitale, il Programma Smart Cities e il Piano di razionalizzazione Ict in logica cloud della Pubblica Amministrazione, “ottimizzando e razionalizzando gli investimenti pubblici”.

Le attività di monitoraggio vedranno in prima fila l’Agcom che affiancherà il Cobul insieme con l’Agenzia per la Coesione. Agcom – si legge nel Piano – ha il compito di definire il contesto regolamentare all’interno del quale si muove, e si muoverà, lo sviluppo della banda ultralarga, definendo le tariffe di accesso e gestendo la regolazione di settore, relativamente al calcolo degli eventuali extra profitti dell’aggiudicatario di finanziamenti pubblici (claw-back), come descritto nella sezione monitoraggio. L’Agcom avrà anche il ruolo di verificare la velocità effettiva di connessione nelle aree interessate dal progetto e l’andamento degli abbonamenti a banda ultralarga ad almeno 100 Mbps, che comunicherà all’Agid, rendendo così possibile la valutazione dell’impatto delle misure a sostegno della domanda. L’Agenzia per la Coesione eserciterà i suoi poteri di coordinamento e controllo della spesa valutando e, talvolta, indirizzando i piani regionali, nonché monitorando l’attuazione della misura sia attraverso il Cobul sia analizzando i dati pubblicati dal Mise. L’Agenzia potrà anche definire direttamente iniziative di sviluppo e, coordinando le Regioni e le Province Autonome, attuare tutte le misure che consentano l’ottimizzazione delle risorse assegnate e il contenimento dei costi operativi.

All’interno di questo quadro, le Regioni e le Province Autonome (R&P), che hanno competenza diretta in materia, definiscono i programmi operativi, stabiliscono le priorità di intervento e dunque i modelli da applicare in coerenza con la presente strategia. Con il supporto del Mise e di Infratel, realizzano anche autonomamente i propri piani infrastrutturali e gestiscono le risorse adibite al finanziamento della strategia.

Ma il piano non piace alla Lega Nord. “Il piano Renzi per la banda ultralarga non può favorire lo sviluppo delle telecomunicazioni: manca infatti la società della rete – dicono Jonny Crosio, componente della commissione lavori pubblici e comunicazioni del senato per la Lega Nord, e Nunziante Consiglio della commissione attività produttive – Se volevano favorire lo sviluppo della banda ultralarga, hanno sbagliato completamente approccio. Il governo aveva lanciato una strategia lo scorso dicembre e, in questi giorni, ha fatto confusione pubblicando prima martedì scorso un documento con evidenti errori, riscritture e contraddizioni, e poi ha dovuto ripubblicarne una nuova versione, che ci auguriamo sia quella giusta. Ma la cosa peggiore, è che nel piano non c’è la minima traccia di quello che gran parte del mercato, oltre al buon senso comune, e la Lega Nord, reclamano ormai da anni: la realizzazione di una società della rete, controllata dalla Cassa depositi e Prestiti, aperta agli operatori, senza diritti di veto tra di loro, che – spiegano i leghisti – realizzi l’infrastruttura in fibra ottica di cui ha bisogno il Paese e la affitti al mercato, a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie”.

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