L'ANALISI

Banda ultralarga, Dècina: “Basta errori politici, serve piano sinergico su modelli economico-finanziari”

L’economista ed esperto di Tlc: “Non è più possibile perdere altro tempo prezioso. Nel corso degli anni ritardi dovuti a fattori strategici, tecnologici, burocratici. L’optimum sarebbe puntare sul coinvestimento sotto una regia comune a beneficio del Paese”

Pubblicato il 14 Mag 2021

Maurizio Matteo Dècina

Economista esperto di Tlc

banda-ultralarga-reti-broadband-fibra

Al 30 aprile le linee attive sulla rete di Open Fiber nelle zone bianche ammontano a 23.375, pari a circa lo 0,3% delle unità immobiliari coperte dai bandi Infratel iniziati nel 2017. Questo ritardo è attribuibile a numerosi fattori: strategici, tecnologici, burocratici, economici. Pesa molto l’assenza di un piano sinergico iniziale, indipendentemente dai possibili assetti azionari della rete. Ma qui la maggiore responsabilità è di natura politica poiché è stato ignorato un piano alternativo che avrebbe creato una sinergia tra i vari progetti di rete distribuendo i fondi pubblici a seconda della complementarietà e delle caratteristiche dei piani. A ciò si aggiungono criticabili valutazioni iniziali circa costi unitari, offerte al ribasso e percentuali di riutilizzo di infrastrutture elettriche. Sarebbe prevalso un senso di ottimismo generale tale da minimizzare possibili valutazioni circa le difficoltà tecnologiche (fibra che si ferma da 0 a 40 metri), economiche (lunghi ritorni) e burocratiche (lentezza dei permessi) per realizzare nuove reti in Ftth complete.

Occorrono ora degli studi approfonditi mediante modelli di calcolo per l’ottimizzazione degli investimenti in relazione alle tempistiche di attivazione, poiché l’unico parametro che ha influenza sulla crescita economica sono le linee effettivamente attive. Autorevoli fonti indicano che il range di crescita del Pil in funzione di un 10% di linee addizionali in banda larga sia compreso tra 0,5 e 1,2%. Cifre ballerine ma pur sempre indicative. Secondo tali stime, la mancata attivazione di un 30% del territorio corrisponderebbe ad un mancato aumento del Pil compreso tra l’1,5% e il 3,6%.

Ad Infratel va riconosciuto il merito in questi quattro anni di aver dato una accelerata nelle operazioni di cablatura del Paese. Argomento ignorato da decenni a causa di un debole assetto delle Tlc italiane caratterizzato da scatole cinesi, scalate a debito, svendita di asset e altri tipi di “rapine” varie. Da non dimenticare neanche l’antagonismo della fibra con le televisioni pubbliche e private. La concorrenza degli ultimi anni ha dato infatti buoni frutti in termini di copertura, sia da parte di Open Fiber nelle zone nere che da parte di Tim che sta completando la rete in Fttc sul territorio nazionale ed è partita con il nuovo progetto Fiberco. A ciò si aggiunge la trasparenza dei dati pubblicati sul sito Infratel che impongono certamente delle riflessioni su come poter proseguire. L’optimum sarebbe un piano sinergico di coinvestimento sotto una regia comune a beneficio del Paese.

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