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Banda ultralarga e Pil: 1 miliardo investito ne genera 2,7 di valore. Ma l’Italia rischia grosso

È quanto emerge da uno studio realizzato dalla Luiss Business School in collaborazione con WindTre. Assetto normativo-regolatorio non in linea con gli obiettivi di Governo sulla trasformazione digitale e limiti elettrosmog che tagliano la crescita potenziale pro capite di 3,2 punti percentuali. L’appello dell’Ad designato Gianluca Corti: “Urgente un intervento di sistema, contesto sfavorevole alle telco”

Pubblicato il 16 Mar 2022

banda ultralarga

Per ogni miliardo di euro investito in banda larga mobile e fissa, il valore totale della produzione cresce, rispettivamente, di 2,6 e 2,7 miliardi di euro. All’aumento della penetrazione della banda larga, inoltre, corrisponde non solo una crescita del Pil, ma anche una riduzione delle emissioni di CO2E con riferimento specifico ai limiti elettrosmog quelli in vigore nel nostro Paese generano una mancata crescita del Pil pro capite pari a 3,2 punti percentuali. Questo il quadro che emerge dallo studio “Il settore Telco in Italia: assetto normativo e analisi di impatto” (SCARICA QUI LO STUDIO COMPLETO) realizzato dalla Luiss Business School in collaborazione con WindTre in cui si delineano anche gli ostacoli sul cammino e gli interventi necessari per massimizzare i ritorni in termini di obiettivi governativi sulla digital transformation.

Occorre che l’assetto normativo-regolatorio sia modernizzato e reso pienamente coerente con l’obiettivo politico (urgente) di sostenere la trasformazione digitale”, si legge nel report in cui si indicano le seguenti soluzioni: ripristinare l’incentivo ad investire in capo alle telco consentendo loro di operare in un contesto caratterizzato da redditività adeguata, certezza dei tempi, norme disegnate e applicate in modo credibile; semplificare e accorciare gli iter autorizzativi, ma soprattutto introdurre un sistema di premi e sanzioni che, nel rispetto delle competenze degli stakeholders coinvolti, disincentivi comportamenti meramente opportunistici – volti non al perseguimento degli obiettivi politicamente auspicati, ma di obiettivi personali (dividendo politico, di consensi, di visibilità) – e irrazionali e incentivi invece quelli virtuosi rappresentano le direttrici lungo le quali occorre muoversi. E last but not least è necessario mettere mano ai limiti elettrosmog, troppo stringenti nel nostro Paese al punto da essere molto lontani persino dalla media Ue.

“Il settore delle Telco rappresenta un asset fondamentale per l’economia del nostro Paese e gioca un ruolo di primo piano nel processo di transizione digitale. La nostra ricerca restituisce la fotografia di un comparto che sconta alcune problematiche che caratterizzano il sistema Italia ma, allo stesso tempo, vuole essere un punto di partenza per promuovere una nuova politica industriale che punti su un rinnovato ruolo delle istituzioni e su un tandem pubblico-privato che, partendo dal confronto, favorisca politiche virtuose che stimolino la crescita economica sostenibile e incentivino il processo di transizione digitale  e lo stesso sviluppo delle competenze necessarie a tal fine”, sottolinea Matteo Caroli, Associate Dean for Internationalization e Direttore Area Ricerca applicata e Osservatori, Luiss Business School.

“La ricerca di Luiss Business School, con un’analisi organica e rigore metodologico, mette nero su bianco gli effetti sistematici di norme e burocrazia inadeguati a un paese moderno che deve affrontare la competizione globale. È diventato urgente un intervento di sistema che affronti i nodi della burocrazia, che investa nella cultura digitale e introduca il credito d’imposta per stimolare gli investimenti del settore manifatturiero nelle infrastrutture di telecomunicazione”, commenta Gianluca Corti, amministratore delegato designato di WindTre. “Il processo di digitalizzazione del Paese non può prescindere da un assetto normativo che incoraggi l’intervento delle telco, da sempre impegnate con investimenti ingenti in un contesto di mercato che risulta, invece, iper-competitivo e con una regolamentazione in gran parte sfavorevole al medio e lungo termine”.

La banda ultralarga e gli investimenti

Nel report si stimano gli effetti diretti, indiretti e indotti che si generano nel sistema economico nazionale italiano a seguito della sola spesa per l’investimento infrastrutturale. Si tratta della misurazione dell’impatto economico di un investimento tipo, normalizzato a un miliardo di euro, in infrastrutture a banda larga fissa e mobile e degli effetti moltiplicativi che esso produrrebbe. Tale conteggio non comprende la stima delle esternalità positive che l’investimento produrrebbe nelle diverse branche del sistema economico, in termini di nuovi beni e servizi, nuove opportunità di business e miglioramenti della produttività consentiti dall’investimento stesso: si tratta di un contributo cospicuo alla crescita del Pil che però ha senso calcolare solo in relazione ad uno specifico progetto di investimento – puntualizza il report. Va inoltre considerato che la stima degli effetti moltiplicativi effettuata è particolarmente prudenziale, poiché basata su dati (tavole input-output) riferiti all’anno 2017 (l’ultimo disponibile) e che quindi fotografano un ruolo dei servizi di comunicazione elettronica nel sistema produttivo ben più contenuto di quello che caratterizza il contesto attuale (e, a maggior ragione, in prospettiva). In relazione all’investimento in banda larga mobile, per ogni miliardo di euro complessivamente investito, la produzione lorda totale (beni finali e intermedi necessari per soddisfare quell’incremento di domanda finale) cresce di 2,6 miliardi di euro. Allo stesso tempo, il valore aggiunto cresce di 976 milioni di euro. Significativo è anche l’impatto occupazionale generato dall’investimento: complessivamente per ogni miliardo di euro di investimento si contano più di 15.000 unità di lavoro Fte. I valori ottenuti in riferimento all’investimento in un’infrastruttura fissa a banda larga sono moderatamente superiori: quasi 2,7 miliardi di euro di incremento del valore della produzione, quasi 17.000 unità di lavoro Fte, e oltre 1 miliardo di valore aggiunto.

Impatto ambientale e limiti elettrosmog

Nel report vengono stimati, con tecniche econometriche, anche gli effetti dell’aumento della penetrazione della banda larga (fissa e mobile) sul tasso di crescita del Pil e in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Un aumento del 10% della penetrazione della banda larga produce un aumento di circa l’1% del Pil (0,9 per cento nel caso di banda larga mobile). Inoltre, le analisi sottolineano l’importanza della qualità istituzionale. Paesi con sistemi di istituzioni più efficienti crescono maggiormente rispetto agli altri: un incremento del 10% dell’indice di qualità istituzionale comporta una crescita del Pil tra lo 0,8% e l’1,1% (rispettivamente nel caso della banda larga fissa e mobile). Altro risultato significativo mostrato dalle analisi è che i paesi che adottano limiti elettromagnetici più severi di quelli raccomandati da istituzioni internazionali (in particolare l’Icnirp) crescono meno. In ultimo, nell’analisi econometrica relativa alle determinanti delle emissioni di CO2 la variabile “Penetrazione della banda larga fissa” ha coefficiente negativo, ad indicare che a una maggiore penetrazione della banda larga corrisponde una riduzione delle emissioni di CO2.

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