STRATEGIE

Banda ultralarga, Giacomelli: “Il Piano porterà l’Italia nella zona Champions”

Il sottosegretario alle Comunicazioni: “Oggi c’è competizione fra gli operatori su infrastrutture e servizi. era un settore immobile e siamo riusciti a portare la competizione con una logica premiante”

Pubblicato il 16 Feb 2017

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“Sulla banda larga l’Italia era in ritardissimo. Con il governo Renzi i funzionari europei ci facevano vedere la slide con l’Italia ultima sul digitale. Non c’era concorrenza fra gli operatori. Abbiamo creato un piano nazionale banda larga scommettendo sulla fibra ottica, le tecnologie innovative, per passare dal fondo classifica alla zona Champions nel 2020″. Lo ha detto il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, in occasione della presentazione del rapporto sulla legislazione commerciale di Ancd. Secondo Giacomelli è stato “errore storico privatizzare l’incumbent, creando una condizione di soggetto privato che non può avere una valutazione sugli investimenti diversi da quelli sulla produttività”.

“Ricordo i commenti, ci dicevano che il doppino in rame andava bene uguale. I top performer come la Corea viaggia con i gigabit, noi siamo rimasti a contare per anni i megabit – ha evidenziato Giacomelli – Quel governo ha investito, ha superato le parcellizzazioni nazionali. Oggi c’è competizione fra gli operatori su infrastrutture e servizi. Improvvisamente tutti, anche gli alfieri del rame, ora offrono fibra come se piovesse. Perché era un settore immobile e siamo riusciti a portare la competizione con una logica premiante. Aprire spazi di competizione con la garanzia delle autorità è la chiave per aumentare la produzione di ricchezza. Passi significativi sono stati fatti ma dobbiamo continuare”.

“Noi dobbiamo anche ragionare in termini globali, in termini di sistema Paese. Non penso abbiamo sempre messo a fuoco la necessità di superare una vocazione all’individualismo – ha poi sottolineato – Davanti a chi interviene acquistando pezzi dell’Italia perché non si arriva mai a dire “no, qui si tocca un punto nevralgico”. E’ impressionante l’elenco di realtà di grandissima rilevanza che non sono più nel controllo del sistema Italia. Questo non significa vedere minacce negli investimenti stranieri, ma credo che non possa essere più solo governo e istituzione pubblica a governare il sistema paese”.

In questo senso “serve condivisione con parti sociali, impresa, finanza. Dobbiamo scrivere un patto che definisca il confine del sistema Italia. Vivo con difficoltà l’idea che alcune realtà italiane non facciano parte del sistema Italia”.

“Nessuna norma lo proibisce, però mi domando se un paese non sia tenuto a rifletterci -ha concluso Giacomelli – Penso a pezzi importanti del sistema finanziario, assicurativo e non entro nel settore lusso e moda dove tutto è avvenuto. Non parlo di difesa, ma di sfida al sistema internazionale”.

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