Le grandi piattaforme tech generano il 55% del totale del traffico dati, ma non remunerano direttamente le reti telecom nazionali mentre le telco hanno investito 500 miliardi negli ultimi 10 anni. La capitalizzazione delle 8 top telco ammonta a 240 miliardi, mentre quella delle 6 top tech è di 7,11 trilioni. Questi i principali dati che emergono da uno studio realizzato da di Axon Partners per Etno, l’associazione che rappresenta le principali telco europee. (SCARICA QUI LO STUDIO)
I costi incrementali generati direttamente dal traffico delle big tech sulle reti tlc sono di almeno 15 miliardi l’anno. Di qui la proposta di un intervento regolatorio che affronti la questione dei costi generati dalle big tech. Un intervento che, stando alle stime messe nero su bianco nel report, potrebbe aumentare il Pil fino a 72 miliardi e spingere l’incremento di posti di lavoro, fino a 840mila nel 2025 nonché aiutare la riduzione delle CO2 emessa dal settore del 94%.
In realtà sono tre gli scenari simulati: a fronte di un investimento di 10 miliardi il boost sul Pil sarebbe compreso fra i 27 e i 37 miliardi per 420mila posti di lavoro. E nello scenario più ottimistisco, quello che prevede investimenti per 30 miliardi si otterrebbe un beneficio in termini di Pil compreso nella forchetta 77-106 miliardi e fino 1,26 milioni di nuovi posti di lavoro.
“L’UE è stata determinata ad affrontare gli squilibri di potere nello spazio online e tecnologico. Con il rapporto di oggi, vogliamo avviare un dialogo aperto con i responsabili politici, i consumatori e le aziende tecnologiche su come affrontare gli squilibri specifici nei mercati del traffico Internet. Non è una questione tecnica: si tratta della nostra capacità di mettere l’Europa in prima linea nella corsa globale del 5G e dell’Ftth”, commenta Lise Fuhr, Direttore Generale di Etno. “La Commissione europea ha recentemente riconosciuto la necessità di sviluppare strutture adeguate affinché le aziende tecnologiche possano contribuire con la loro giusta quota allo sviluppo dell’infrastruttura delle telecomunicazioni. È giunto il momento che i legislatori dell’UE lo realizzino, sbloccando gli importanti vantaggi che questo porterà alla società europea”, aggiunge Alfons Oliver, partner di Axon.
Lo studio si inserisce nel solco del dibattito Europeo sui “Digital Decade Principles” della Commissione, secondo cui tutti i player che beneficiano della digitalizzazione si debbano impegnare a “contribuire alle infrastrutture in maniera giusta e proporzionata”.
“Penso che ci sia un problema che dobbiamo considerare con molta attenzione, ed è questo il problema di un equo contributo alle reti di telecomunicazioni”, ha detto la commissaria all’Antitrust Vestager in conferenza stampa in occsione della presentazione del report Etno. “Ci sono attori che generano molto traffico che poi abilita la loro attività ma che non hanno effettivamente contribuito per abilitare quel traffico. Non hanno contribuito per consentire gli investimenti nel lancio della connettività. E siamo in procinto di ottenere una comprensione approfondita di come potrebbe essere abilitato”.
Etno a Telco per l’Italia il 3 maggio
Per Agenda e iscrizione cliccare qui
La doppia sfida delle telco europee: transizione verde e digitale
Le reti 5G, Ftth e 6G sono il cardine della transizione verso un modello socio-economico più intelligente e meno inquinante. Cosa sta facendo l’UE in merito? Quali sono i trend nel settore tlc europeo? Cosa significa per il Pnrr? Ne parliamo a Telco per l’Italia con Alessandro Gropelli, Deputy Director-General, Director of Strategy & Communications di Etno
Lo sbilanciamento degli investimenti
L’Europa ha l’obiettivo di raggiungere la connettività gigabit e il 5G per tutti entro il 2030. Il rapporto mostra che le società di telecomunicazioni europee hanno investito oltre 500 miliardi di euro in reti fisse e mobili negli ultimi 10 anni. Al contrario, i primi 6 colossi tecnologici hanno generato oltre il 55% di tutto il traffico delle reti di telecomunicazioni, ma hanno dato “poco o nessun contributo finanziario allo sviluppo delle reti nazionali”. Il rapporto rileva che le società di telecomunicazioni europee non sono attualmente in grado di recuperare questi costi a causa del potere contrattuale asimmetrico che favorisce le big tech e della mancanza di parità di condizioni normative: essenzialmente, i mercati del traffico Internet sono sbilanciati. Il rapporto fa riferimento anche ai dati appena svelati dalla società di consulenza Frontier Economics, che stima che il traffico guidato dai soli giganti della tecnologia potrebbe generare costi di rete di almeno 15 miliardi di euro, se si considerano i costi incrementali, o di almeno 36 miliardi di euro, se si considerano i costi totali.
A rischio la roadmap 5G
Il rapporto mostra che lo squilibrio ha delle conseguenze. In primo luogo contribuisce a rendere finanziariamente più deboli le società di telecomunicazioni europee, il che compromette la loro capacità di accelerare le roadmap di infrastrutturazione: la capitalizzazione di mercato totale delle prime 8 società di telecomunicazioni europee è di 0,24 trilioni di euro, rispetto a 7,11 trilioni di euro per le prime 6 giganti della tecnologia. In secondo luogo, la qualità del servizio e l’innovazione potrebbero essere migliorate con maggiori investimenti. Infine, in assenza di contributi significativi da parte dei giganti della tecnologia, il passaggio a reti più ecologiche è più lento, con impatti sulle emissioni di CO₂.
Axon stima che, prendendo come riferimento un contributo annuale di 20 miliardi di euro ai costi di rete da parte dei giganti della tecnologia, l’ecosistema Internet europeo potrebbe sbloccare opportunità significative. Fino a 72 miliardi di euro potrebbero essere aggiunti al Pil e 840.000 posti di lavoro creati entro il 2025. Allo stesso modo, il consumo di energia per il settore potrebbe essere ridotto del 28% e l’impronta di carbonio si ridurrebbe fino al 94%.
Azione normativa urgente
Secondo i risultati dello studio p necessaria un’azione normativa urgente e mirata per affrontare gravi squilibri nei mercati del traffico Internet e sbloccare opportunità socioeconomiche per cittadini e imprese. Ciò dovrebbe essere fatto nel quadro dei principi europei di Internet aperto, garantendo nel contempo che tutti i consumatori continuino a beneficiare della piena portata dell’accesso e della qualità della rete in continua evoluzione.
Secondo il rapporto, le soluzioni potrebbero basarsi sull’introduzione di un chiaro obbligo di negoziare con i fornitori di servizi Internet. Ciò contribuirebbe a garantire l’equità delle trattative commerciali con le grandi aziende tecnologiche, che attualmente godono di un potere contrattuale sproporzionato. Le misure sarebbero nello spirito della legge sui mercati digitali di recente istituzione, basandosi potenzialmente su principi nei quadri dell’UE esistenti come: Codice delle comunicazioni elettroniche, Direttiva sulla riduzione dei costi della banda larga e meccanismi di risoluzione delle controversie.