Offrire opportunità di inclusione sociale e rieducative e al contempo dare una risposta alla crescente domanda di manodopera relativa al mercato della costruzione di infrastrutture in fibra ottica (che sta scontando la mancanza di almeno 15mila persone nei cantieri), sono gli scopi dell’ampio Memorandum “Lavoro carcerario”, il protocollo d’intesa sottoscritto lo scorso 24 giugno 2022 dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia e dal ministro dell’Innovazione Tecnologica Vittorio Colao.
Intento pregevole ma percorso a ostacoli
L’intento pregevole ed alcuni primi promettenti risultati, nella direzione di creare una sinergia win-win tra istituti di pena, operatori e concessionari ed imprese di servizi e infrastrutture, si sono però scontrati con tutta una serie di problemi e limiti del nostro sistema, a partire dai percorsi formativi fino ad arrivare ai vincoli burocratici. Proviamo a trarre alcuni primi spunti di riflessione da questa esperienza, al fine di proseguire in modo ottimale sulla strada aperta dal memorandum.
Pochi sono stati i progetti che hanno visto la loro effettiva realizzazione fra Cagliari, Lecce, Milano, Roma e Torino e l’impiego di addetti all’installazione della fibra è rimasto limitato ad un numero esiguo di risorse. Non sono mancati i contatti tra aziende specializzate ed istituti di pena per avviare le pratiche di selezione e per cercare di comprendere le modalità operative con le quali queste risorse avrebbero dovuto operare, contatti che poi hanno messo in luce tutte le criticità che hanno impedito la trasformazione del progetto su carta in realtà.
Serve manodopera nei cantieri
Le principali criticità sono legate al fatto che il gap principale di manodopera era ed è tutt’oggi legato alle attività di costruzione di rete; quindi, scavi e posa delle infrastrutture di rete, mentre i percorsi formativi in carcere sono stati pensati per le attività più semplici come il delivery degli abbonati, dove tutte le imprese sono già attive da tempo con academy e dove la generazione della manodopera è molto più rapida e veloce.
I deneuti non sono gestibili con semplicità
La mobilità dei cantieri e la possibilità dei detenuti di raggiungere questi luoghi e di essere spostati liberamente secondo le necessità delle imprese è stata una ulteriore complicazione che ha scoraggiato le aziende coinvolte. Bisogna poi aggiungere che l’intero effort economico e tutte le ovvie disottimizzazioni sono state pensate integralmente a carico delle imprese, senza prevedere necessari meccanismi di supporto.
Il faro sulla richiesta di lavoro
Tutto da buttare? Assolutamente no, il vero merito della sigla del Memorandum e della grande visibilità mediatica ad esso riservata è stato quello di accendere un grande faro e quindi un seguente interesse sulla richiesta di lavoro proveniente dal mondo delle carceri italiane, dove la formazione specialistica e le opportunità professionali adeguatamente retribuite rappresentano non solo un’occasione di reinserimento sociale per i detenuti, ma una vera e propria affermazione della fondamentale funzione del lavoro in senso rieducativo asserita dalla Costituzione italiana (art.27 comma 3).
Non avremo probabilmente il supporto sperato nel mercato delle infrastrutture, ma le possibilità di coinvolgimento e la progettualità che può essere generata dalla collaborazione tra imprese, cooperative sociali e istituti di pena virtuosi merita altrettanta visibilità.
Competenze tecnico specialistiche sui prodotti dei vendor
È il caso delle partnership nate all’interno della II Casa di Reclusione di Milano, il Carcere di Bollate, con l’obiettivo di rispondere in modo concreto alla richiesta di lavoro proveniente dalle persone che stanno scontando una pena. Le aree di collaborazione principali sono quelle relative alle attività di help desk di primo e di secondo livello. Le risorse all’interno del carcere, dopo una formazione a loro dedicata dove apprendono competenze tecniche specialistiche correlate ai prodotti dei principali vendor tecnologici (Cisco, Huawei, Aruba e Fortinet ne sono un esempio), sono in grado di dare supporto ai tecnici in campo e risolvere le problematiche dovute ai malfunzionamenti delle apparecchiature installate presso i clienti dei principali operatori di telecomunicazione.
La rigenerazione degli apparati di rete
Un’altra area di collaborazione è quella della rigenerazione degli apparati di rete. Il servizio svolto all’interno dell’area lavoro del carcere prevede l’attività di rimessa a nuovo di apparecchiature di telecomunicazione (router, switch, apparati telefonici,). Questa attività offre agli operatori la possibilità di recuperare apparati di valore rendendoli come nuovi e riutilizzabili presso nuovi clienti. Si tratta di una lavorazione ad alto contenuto tecnologico che permette di recuperare apparati ancora funzionanti, riducendo l’impatto ambientale. Queste collaborazioni ormai coinvolgono decine di risorse rappresentando una delle più grandi occasioni di riscatto per chi vive un periodo della propria vita all’interno degli istituti di pena; una seconda possibilità che diventa motore quotidiano per dare il meglio di sé e ripartire.
Incentivare i progetti che funzionano
Sono progettualità che dovrebbero essere quanto più possibile riprodotte e incentivate e soprattutto non dovrebbero essere lasciate alla buona volontà e al virtuosismo di alcuni istituti rispetto ad altri, ma dovrebbero essere un modello replicabile uscendo dalla dimensione prettamente locale per diffondersi a livello sistematico in tutto il paese. Le imprese aderenti ad Anie Sit si rendono disponibili per condividere le esperienze maturate con tutte le società che decidessero di intraprendere questo cammino di inclusione e solidarietà.