L’Italia si piazza al 26mo posto del Global Connectivity Index (Gci) di Huawei, la classifica annuale che mappa l’andamento delle economie digitali mondiali (79 i paesi presi in esame) tenendo conto di efficienza delle attività, efficienza funzionale, efficienza del sistema, efficienza e agilità organizzativa ed efficienza e resilienza dell’ecosistema.
Di fatto restiamo al palo e – dato eclatante – sul fronte della banda ultralarga addirittura perdiamo punti rispetto a un anno fa (da 80 a 78). “Nell’ultimo anno c’è stato sì uno sviluppo delle infrastrutture ma non in linea con quanto atteso e con l’avanzamento di altri Paesi”, spiega Huawei a CorCom nel commentare i dati. E non a caso ci piazziamo a metà del guado, fra i cosiddetti Adopter, i Paesi a metà strada fra i Paesi ‘Starter’ – che stanno velocemente e progressivamente riducendo il loro divario digitale ed i “Frontrunner”, economie più mature che stanno dando la priorità al mantenimento dei propri budget IT e che mediamente hanno ridotto la spesa IT da 2,5 a 3,5 volte in meno.
I DATI SULL’ITALIA
Tornando all’Italia ci sono però anche notizie positive: cresce in un anno di 12 punti l’IoT (63 punti nel 2020 vs 51 nel 2019), seguito dall’intelligenza artificiale e dal cloud (rispettivamente invariati con 36 e 39). E nell’analizzare i pilastri del Gci, è la categoria relativa alle potenzialità del mercato italiano quella a registrare la maggiore crescita rispetto al 2019, in aumento di ben tre punti (60 vs 57). “In particolare, tra le opportunità a livello italiano si segnala la crescente capacità dell’Ict di influenzare i modelli di business e la crescita del mercato dell’IoT su base costante. Il settore delle nuove tecnologie connesse sta infatti assumendo sempre più un ruolo determinante all’interno dell’economia italiana, forte di trovare nel Paese un terreno estremamente fertile”, evidenzia il report.