L'EDITORIALE

Banda ultralarga: non servono altre leggi, ma visione e politica industriale

Circolano notizie sull’emanazione di un provvedimento mirato a fissare rigidi paletti per l’infrastrutturazione con multe salate per chi non rispetterà la roadmap. Una modalità che già esiste da anni nell’ambito del Piano Bul ma che non rappresenta alcuna garanzia. Non è con le norme che si spinge la connettività, ma con misure che sostengano gli investimenti delle telco e spianino la strada

Pubblicato il 26 Mar 2021

Palazzo_Chigi_-_Roma_(2010)

Il Governo Draghi starebbe pensando a una legge per la banda ultralarga. O, almeno, è quanto riferisce il quotidiano Repubblica. Una legge mirata a fissare rigidi paletti per l’execution dei lavori e penali salate per chi non rispetta la roadmap al 2026. Il 2026, dopodomani praticamente. Se così fosse sarebbe la prova provata della totale mancanza di cognizione di causa sulle tempistiche di infrastrutturazione.

Tanto per cominciare ci si domanda chi sarebbe il destinatario di questa misura: la newco delle Tlc AccessCo? Il vincitore/i dei nuovi bandi pubblici – come quello per le aree grigie ancora da emanare – per portare la banda ultralarga nelle zone in digital divide? Le telco o i soggetti che riceveranno fondi nell’ambito del Recovery Plan?

Ma al di là dei “chi” ci si chiede se sia sensato pensare a ulteriori norme in un momento in cui sarebbe piuttosto auspicabile un “modello Genova” per le Tlc, ossia uno sblocca-cantieri in deroga alle decine di norme, permessi e incartamenti che già hanno ampiamente impantanato la macchina e continuano a rappresentare uno dei principali ostacoli sul cammino dell’infrastrutturazione. E peraltro i bandi per le reti pubbliche – si veda il Piano Bul – già prevedono tempistiche di esecuzione e penali in caso di ritardi. Dunque la “legge” esiste già nel caso delle commesse pubbliche, ma come si è avuto modo di toccare con mano, le penali non sempre sortiscono i risultati auspicati e i ritardi che si sono accumulati dimostrano che tra il dire e il fare ci sono di mezzo il mare di autorizzazioni, le difficoltà dovute all’incompetenza delle pubbliche amministrazioni, la lentezza delle approvazioni e persino – diciamolo – i peccati originali, quelli di piani governativi “utopistici”, al limite dell’irrealizzabilità.

Per non parlare poi della mancanza di un censimento serio che fotografi in tempo reale – e ce ne sono di strumenti tecnologici per farlo – non solo lo stato di avanzamento dei lavori ma della situazione complessiva per evitare sperpero di risorse laddove le reti (di diversa natura) già esistono oppure diventa anti-economico scavare e sarebbe più logico e sensato utilizzare tecnologie della generazione mobile e wireless.

Insomma, più che una nuova legge serve una visione, un indirizzo politico e soprattutto un piano industriale di lunga durata – è ora di dire basta ai piani triennali – su cui non si ridiscuta a ogni cambio di Governo o di ministro.  E soprattutto servono misure che spingano gli investimenti degli operatori di Tlc, già in difficoltà da anni e che incentivino la domanda, in particolare quella delle imprese e della parte produttiva del paese abbandonando la logica dei bonus alla mercé dei “furbetti”.

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