Dall’Italia del telefono a quella della banda larga: la fotografia delle reti e dei consumi digitali del nostro Paese è stata scattata dal centro studi di Telecom Italia e fissata nello studio “10 anni del Netbook” (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO). Il report racconta lo sviluppo della rete Tim nell’ultimo decennio per poi estendere la retrospettiva analizzando analogie e differenze tra l’Italia degli Anni ‘80 e ’90 e quella dell’era digitale dei giorni nostri.
Nel 2012 la velocità media di connessione a banda larga in Europa non arrivava ai 6 Megabit al secondo. Un italiano su due aveva ancora un cellulare tradizionale, WhatsApp era attivo da appena tre anni, Facebook aveva comprato Instagram, pagando un prezzo considerato esagerato dalla maggior parte degli analisti, per un social nato solo da 18 mesi. Netflix era sbarcato in Europa da pochi mesi e anche in Italia si iniziava a parlare di video streaming.
Oggi il digitale è “compenetrato” nelle nostre vite ed occupa una porzione molto ampia del nostro tempo. Sicuramente a questo risultato ha contribuito il periodo del lockdown per frenare la pandemia, ma la maggiore consapevolezza digitale è una conquista che resta.
Il Netbook di Telecom Italia è stato progettato per far toccare con mano la complessità di un’infrastruttura che, attraverso la sua articolazione e capillarità, porta il servizio su tutto il territorio italiano. Questo ha permesso di raccogliere nel nuovo report dieci anni di serie storiche omogenee e coerenti con un dettaglio regionale e provinciale.
Il traffico dati medio mensile per linea a banda larga sulla rete Tim è cresciuto 12 volte tra dicembre 2011 e dicembre 2021, passando da una media di 16 Gbyte ad oltre 190 Gbyte. Il report ricorda che sulla rete Tim sono attestate oltre il 70% delle linee a banda larga italiane.
Italiani online anche dopo la pandemia
In Italia la maggiore accelerazione nei consumi digitali medi si è registrata nel 2020, con circa 174 Gb/mese per linea ed una crescita di oltre il 50% rispetto all’anno precedente. Questo dato è stato registrato a dicembre, in un mese in cui erano in vigore misure restrittive alla circolazione che hanno spinto in alto i consumi di traffico.
Un anno dopo, a dicembre 2021, il consumo di traffico è ancora in crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno prima (+9,8%) e questo è un fatto assolutamente non scontato: il venir meno delle restrizioni avrebbe potuto determinare una correzione al ribasso ed un ritorno a valori più vicini a quelli pre-pandemia. Il segno “più” rappresenta una prova ulteriore che i progressi registrati sul fronte digitale sono “qui per restare” e l’Italia sta entrando in una dimensione più moderna per l’utilizzo delle potenzialità offerte da queste soluzioni, testimoniato anche dai passi in avanti registrati nell’ultima classifica europea Desi.
Consumi digitali, il record della Campania
Prima del 2016 i consumi digitali medi degli italiani erano abbastanza simili e nelle prime cinque posizioni, a seconda degli anni, erano presenti anche regioni del Nord (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia) e del Centro (Toscana e Lazio).
A partire dal 2016 la Campania si stacca e “vola” in fuga inseguita da 4 regioni, Calabria, Lazio, Sicilia e Puglia. Nel 2019 c’è un rallentamento: nessuna delle regioni riesce a superare la media fatta registrare dalla Campania l’anno precedente. Non era mai successo in precedenza e si ripeterà nuovamente nel 2021, l’anno post-Covid in cui i consumi restano elevati, ma non tali da replicare i 230 Gb/mese per linea della Campania del 2020. In pratica, questo consumo record ha portato la Campania 2 anni avanti agli altri e tuttora, con quasi 243 Gb per linea al mese, guida la fila. Il maggior consumo medio di dati del Mezzogiorno è confermato anche dalla classifica provinciale.
Nelle diverse edizioni del Netbook, sono in totale 17 le province del Sud o delle Isole che sono comparse almeno una volta tra le prime 10 in classifica. Sono invece 6 le province del Nord presenti almeno una volta nella classifica delle prime 10 e solo 3 quelle del Centro Italia. È però da rimarcare il primato di Prato che è sempre stata presente nella classifica delle Top 10 in tutte le edizioni del Netbook (11 volte).
La spinta dei servizi di gaming e streaming
Nel Mezzogiorno la quota di famiglie con banda larga è inferiore alla media nazionale, ma in questo bacino ridotto è molto significativa la quota di quelle che hanno attivato abbonamenti a banda ultralarga. Questo è in parte dovuto al programma di investimenti pubblici “Eurosud” che ha permesso a Tim di rendere disponibile la rete ultraveloce ad oltre 8 famiglie su 10, con 2-3 anni di anticipo rispetto al resto del Paese. Chi attiva un abbonamento a banda ultra-larga fa un uso più intenso della rete e abbraccia prima abitudini digitali che richiedono un collegamento continuo ad Internet. Questo comportamento è ancora più forte in coloro che si spostano prima sulle nuove reti, i cosiddetti early adopters.
Infine, è da considerare anche la tipologia di servizio utilizzato. Videostreaming e gaming “pesano” di più, in termini di consumo dati, rispetto ad un utilizzo di tipo business e professionale. In effetti, i servizi di streaming rappresentano in media il 50% circa del traffico dati nazionale.
Il caso delle “Province Serie A”
La conferma arriva dal passaggio del calcio dal satellite allo streaming: nelle province che a fine 2021 presentavano una squadra di calcio in Serie A si è registrato un traffico superiore rispetto al resto d’Italia. In media, una linea a banda larga nelle “Province Serie A” ha consumato 202 Gbyte/mese, contro una media di 185 Gbyte/mese nelle altre province (192 Gbyte/mese è invece la media nazionale).
Inoltre, se a livello nazionale la variazione media del traffico rispetto all’anno precedente è stata del +9,8%, nella maggior parte delle “Province Serie A” si è registrata una variazione superiore a tale valore. Dai dati, sembrerebbe che a beneficiarne di più siano state le zone in cui è presente un tifo più localizzato (province in Liguria, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli- Venezia Giulia) a cui si aggiunge Roma.
Storia d’Italia dal telefono alla banda larga
La penetrazione del telefono fisso, definita all’epoca come densità telefonica e misurata dal rapporto tra numero di linee ed abitanti, ha raggiunto il suo apice alla metà degli anni ‘90 con oltre 40 linee ogni 100 abitanti, ma all’inizio degli anni ’80 la densità telefonica era appena al di sotto dei livelli attuali di penetrazione della banda larga.
Per raggiungere tale livello, la banda larga, commercializzata a partire dal 2000, ha impiegato circa 20 anni, il telefono più di 30.
La grande velocità con cui si sono diffuse le tecnologie digitali è un fatto acclarato. Meno nota è la maggiore omogeneità territoriale della banda larga rispetto al servizio telefonico. Agli inizi degli anni ’80 e nel 2020 le regioni con la maggior densità avevano entrambe 36 linee ogni 100 abitanti (rispettivamente telefonica e a banda larga), ma se guardiamo all’intera distribuzione, nell’Italia della banda larga la densità media (30 linee ogni 100 abitanti) è più alta rispetto a quella del dell’Italia del telefono (23 linee ogni 100 abitanti), e lo stesso si nota guardando alla densità più bassa (19 linee a banda larga ogni 100 abitanti rispetto a 12 linee telefoniche ogni 100 abitanti). In pratica, il divario digitale di oggi è meno ampio del divario telefonico di ieri.
Il divario digitale e le competenze
All’inizio degli anni ’80, inoltre, il gap infrastrutturale era stato significativamente ridotto, ma permaneva il ritardo in termini di adozione del servizio. Oggi la situazione è rovesciata: il Sud è avanti per disponibilità di rete a banda ultralarga e il resto d’Italia insegue. Quindi il divario non dipende da cause infrastrutturali, quanto da aspetti di diversa natura.
L’indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana”, che rileva anche i motivi per cui le famiglie non dispongono di accesso a Internet da casa, mette in luce che la principale ragione per cui non è presente un collegamento ad Internet in casa è l’assenza di competenze (nessuno sa usare internet), seguita dalla mancanza di interesse (Internet non è utile/interessante). A questi due fattori, che restano i più forti ovunque nel Paese, nelle aree del Mezzogiorno si aggiungono aspetti di tipo economico (costi) e sociali (timori per la sicurezza/privacy) che – pur se minoritari – sono più “sentiti” rispetto alle altre zone d’Italia.