Gli Stati Uniti compiono un nuovo passo in avanti verso una legislazione sul fair share, che esigerebbe dalle big tech un contributo per le reti in banda ultralarga. Un nuovo disegno di legge bipartisan (SCARICA QUI IL DOCUMENTO COMPLETO) propone, infatti, di allargare i poteri del regolatore delle comunicazioni, la Federal communications commission (Fcc), in modo che abbia l’autorità per imporre agli edge provider e broadband provider dei contributi per lo Universal service fund, che finanzia i progetti per la banda ultralarga nelle comunità più isolate.
Il disegno di legge è stato proposto da due senatori Repubblicani – Markwayne Mullin (Oklahoma) e Mike Crapo (Idaho) – e un Democratico – Mark Kelly (Arizona). “Richiedere ai provider di coprire i costi associati alle reti in fibra nelle comunità rurali ridurrà i costi per i consumatori e le telco locali, rafforzando al contempo la connettività a banda larga in tutta l’America rurale”, si legge nella nota per i media.
Ott nel mirino anche negli Usa
Secondo la proposta di legge nella definizione di edge provider rientrano i servizi di digital advertising, i motori di ricerca, i servizi di streaming, gli app store, i servizi di cloud computing, le piattaforme social, la messaggistica over the top, i servizi di videoconferenza e quelli di videogame e le piattaforme di e-commerce.
“I servizi di streaming video rappresentano il 75% di tutto il traffico sulle reti a banda larga rurali. Tuttavia, i costi che non vengono sostenuti dalle società di streaming spesso ricadono sui piccoli fornitori di banda larga rurali. Un servizio Internet capillare e a prezzi convenienti colmerà il divario digitale e aumenterà le opportunità di formazione, occupazione e servizi finali per utenti non ancora raggiunti”, si legge nella nota dei senatori.
La Fcc non ha per ora rilasciato commenti ufficiali, ma il commissario Repubblicano Nathan Simington ha dichiarato l’anno scorso, commentando il report dell’Fcc sull’andamento del Fondo per la banda larga universale, di essere “d’accordo” col commissario Democratico Brendan Carr, “in particolare riguardo al mettere in relazione i finanziamenti per la spesa per la connettività con i benefici delle reti veloci di cui godono le aziende che dipendono dalla connettività universale, benefici molto più grandi delle spese per l’ultimo miglio da parte dei fornitori di servizi Internet domestici”.
Consenso bipartisan sul fair share
Ciò dimostra un consenso bipartisan negli Stati sul fair share, a differenza di quanto accade, per esempio, sul tema della net neutrality.
A marzo di quest’anno, quattro membri del Senato – due Democratici e due Repubblicani – avevano già provato a reintrodurre la proposta di legge Fair, sigla che sta per “Funding affordable internet with reliable contributions”. L’acronimo è anche la parola con cui si indica l’equità e richiama il fair share su cui sta insistendo la Commissione europea.
Il Fair act americano darebbe alla Fcc l’incarico di studiare la possibilità di esigere dagli internet edge provider un contributo al finanziamento dello Universal service fund della Fcc, che sostiene l’accesso alla banda larga come servizio universale. I proponenti in quel caso erano i Senatori Roger Wicker, R-Miss., Ben Ray Luján, D-N.M., Todd Young, R-Ind. e Mark Kelly, D-Ariz, che ha firmato anche la nuova proposta di legge.
Tramite lo Universal service fund la Fcc spende circa 10 miliardi di dollari l’anno per finanziare l’implementazione della banda larga nelle aree rurali, nelle scuole, nelle biblioteche, nelle strutture sanitarie e in altri siti dove è più costoso per i privati investire. Il fondo finanzia anche alcuni servizi, come quelli di telemedicina, e i sussidi per l’abbonamento alla banda larga per i meno abbienti. Il fondo attualmente è finanziato prelevando dalle telco un contributo dai loro ricavi (e che le telco solitamente compensano conteggiandolo nel totale delle tariffe mensili dei loro clienti).
Resta, ovviamente, da chiarire in quale misura i fornitori di contenuti dovrebbero contribuire agli investimenti delle telco.