“Una sorta di club investment in cui i soggetti realmente interessati ad investire nelle reti possono trovare spazio e partecipare alle decisioni cruciali sulle infrastrutture nel paese“: descrivono con queste parole la newco FiberCop le due telco che hanno deciso di scendere in campo nel progetto portato avanti da Tim e Cassa depositi e prestiti: Fastweb e Tiscali, la prima con un ruolo forte nella newco (avrà il 4,5% di quota conferendo gli asset di Flash Fiber), la seconda attraverso una partnership (appena siglata con Tim) che la vedrà in prima battuta in una “relazione” commerciale, ma non sono esclusi sviluppi futuri, inclusi conferimento di asset e quote azionarie.
In una lettera congiunta inviata ai ministri dell’Economia Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli (qui la lettera integrale), gli Ad delle due società – Alberto Calcagno e Renato Soru – hanno spiegato le ragioni alla base delle loro decisioni invitando anche gli altri olo – in primis Vodafone e Wind Tre, ma anche Sky, convocati oggi a un video-tavolo col governo dopo quello andato in scena ieri da cui è arrivato l’assist dell’esecutivo al progetto di rete unica – ad unire le forze e sotterrare l’ascia di guerra.
“Le perplessità sollevate da parte di altri operatori alternativi sarebbero legate al fatto che il modello non garantirebbe i concorrenti di Tim perché verticalmente integrato – scrivono nella lettera i due Ad -. Proprio in qualità di concorrenti storici di Tim riteniamo che questa rappresentazione non sia corretta. Con FiberCop le reti in rame e in fibra presenti e future non saranno più (come lo sono ora) integrate dentro Tim ma scorporate in una società terza. Si tratta di una scelta epocale di separazione societaria della rete attraverso cui asset storicamente prerogativa di Tim verranno conferiti in un veicolo terzo, peraltro aperto alla partecipazione del governo e di altri operatori”.
Le due telco sottolineano inoltre che “il modello di coinvestimento “aperto” è esplicitamente previsto dall’Unione Europea nel recente Codice delle Comunicazioni come strumento per promuovere lo sviluppo di reti a larghissima banda sotto la supervisione dell’Autorità di settore. Il modello del coinvestimento aperto è equiparato in tutto e per tutto dunque a quello “wholesale only” dal punto di vista della tutela della competizione”. Modello che aiuterebbe a sciogliere il nodo governance su cui tanto si dibatte.
Con FiberCop questo modello di coinvestimento è peraltro “rinforzato” – scrivono le due aziende – perché “sarà FiberCop, una società terza – e non direttamente gli operatori che forniscono servizi ai clienti finali – ad occuparsi di costruire infrastrutture e venderle a livello wholesale a tutti, senza quindi nessun rischio di discriminazione e mantenendo un modello di competizione infrastrutturale che ha già mostrato in questi anni significativi benefici per il mercato”. Infine, il coinvolgimento di Cassa Depositi e Prestiti – indirettamente attraverso Tim o direttamente attraverso una partecipazione in Fibercop – “rappresenta un’ulteriore garanzia di terzietà per la tutela della competizione, oltre, evidentemente, al fatto che la nuova entità sarà oggetto di costante monitoraggio e vigilanza da parte di Agcom”.
Le due aziende chiedono inoltre “la possibilità di un incontro per illustrare i motivi che ci hanno spinto a ritenere tale progetto lo strumento più idoneo non solo a migliorare ulteriormente la posizione del paese sulle infrastrutture a banda ultralarga ma a incrementare sensibilmente le garanzie di non discriminazione e dunque la capacità di tutti gli operatori alternativi di competere in modo efficace nel mercato”.