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Imprese nel guado, intervento pubblico determinante per l’Italia broadband

Gli incentivi per le aree grigie la leva per la diffusione delle connessioni ultra-veloci tra le Pmi italiane. Ma non basta: per la trasformazione digitale serve un quadro regolatorio più favorevole agli investimenti delle telco

Pubblicato il 10 Dic 2019

Tavola 2

Meno del 14% delle Pmi italiane ha connessioni Internet da 100 Megabit al secondo: è questo il dato (emerso dal recente rapporto“Imprese e Ict 2019” di Istat) da cui partire per mettere in campo strategie e progetti sull’ultra-banda larga per le imprese in Italia. Nel corso dell’edizione odierna di Telco per l’Italia, l’evento CorCom-Digital 360 quest’anno focalizzato sulla connettività nelle imprese e le aree grigie, la tavola rotonda “Dare vita all’ecosistema italiano” ha fatto il punto sulla situazione attuale e gli strumenti con cui superare un gap che costa Pil all’economia italiana.

Se è vero che il 94,5% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza connessioni in banda larga fissa o mobile è anche vero che solo il 41% naviga ad almeno 30 Mbps e appena il 13,8% ad almeno 100 Mb. Lo scenario è in miglioramento, ma persiste un enorme gap con il mercato consumer e con quello delle grandi aziende, dove le connessioni veloci sono salite dal 40,1% al 75,9%.

“Per la trasformazione digitale serve la connettività a 1 Gigabit”, ha ribadito Maurizio Dècina, Professore emerito, Politecnico di Milano. “Serve anche il cloud computing: sono questi i due elementi fondamentali per crescere e digitalizzarsi, ma in Italia il governo non dà nessun incentivo per pagare gli abbonamenti al cloud e questo è un gap da superare”.

Quanto alle aree grigie, “I fondi pubblici saranno importanti, servirà investire sia nel Fixed wireless access che nella Fiber to the premises”, ha affermato Dècina. Positivo anche lo stimolo fornito dai voucher per le aree bianche al fine di superare il ritardo nella digitalizzazione di scuole e Pmi: se ne parlerà alle prossime riunione del Cobul: “Ben vengano i voucher”, ha detto Dècina, “anche se rischiano di arrivare in ritardo” rispetto alle esigenze di digitalizzazione del tessuto economico e sociale.

Un altro elemento evidenziato da Dècina riguarda il 5G. “La competizione infrastrutturale è davvero difficile, il 5G di fatto ancora non c’è. È uno standard mobile basato sulla network softwarization, l’edge computing, l’intelligenza artificiale e anche qui siamo indietro”. Si tratta di tecnologie “strategiche per l’evoluzione della rete” ma gli sforzi di investimento sono enormi e la condivisione degli asset tra gli operatori, i cui margini sono sempre più sottili, sarà fondamentale. “Intanto gli Ott, da Amazon a Google, hanno capito la softwarizzazione della rete e l’edge computing e intendono investire e entrare in questo business”, ha concluso Dècina.

La capacità delle telco di investire resta dunque il primo fattore per vincere la sfida della copertura capillare dell’ultrabroadband, insieme alla presenza di una domanda nel mercato. Ma i conti delle telco sono prosciugati dagli investimenti nelle frequenze e dall’aggressiva concorrenza sul mercato, mentre il quadro regolatorio non è favorevole, secondo lo scenario evidenziato da tutti gli operatori di rete in Italia.

Negli investimenti e nei roll-out dei progetti delle telco in Italia pesano anche un eccesso di burocrazia e la lentezza dei decreti attuativi che creano inefficienza, ha sottolineato Raffaele Celentano, head sales Sirti, che ha ribadito le difficoltà degli operatori: La concorrenza si basa solo sul prezzo“. Sirti, specializzata in infrastrutture tecnologiche, sta puntando sulla cybersecurity e diversificando l’offerta, allargandosi con decisione nei servizi anche tramite le acquisizioni, come la recente di WellcommEngineering, ed è pronta a nuove operazioni sul mercato per allargare l’organico e le competenze per servire i clienti: il primo ambito cui Sirti guarda per l’M&A è proprio il cloud computing così strategico per le imprese.

Ha ribadito l’impegno in Italia, a fianco delle imprese, delle smart city e degli altri clienti, Luigi De Vecchis, Presidente Huawei Italia: “Huawei oggi è l’unica telco che investe a ampio raggio su tanti settori, dal cloud e data center agli smartphone passando per supercomputer e chip”, ha affermato De Vecchis. Il presidente di Huawei in Italia non si è addentrato nei temi politici, ma ha sottolineato la scelta obbligata (“non ci piace”) di indipendenza tecnologica per il vendor cinese al fine di “rimanere un gigante” e ha ricordato gli investimenti nel 5G (600 milioni di dollari), in cui rientrano il centro di ricerca e sviluppo di Milano dedicato alle onde millimetriche. In Italia Huawei è attiva anche con il centro CSR4 e la collaborazione con la Regione Sardegna sulle smart city e ha diverse partnership attive con le università, tra cui quella di Pavia sulla microelettronica. Quanto alla cybersecurity e ai provvedimenti che i singoli governi stanno adottando (come il perimetro cibernetico in Italia): La preoccupazione di Huawei è non solo il fatto che ogni membro dell’Ue sta procedendo in ordine sparso, ma che in questi provvedimenti vengano inserite tutte le tecnologie di tutti i paesi, che dovranno essere soggette a verifica, approvazione o rimozione: rischiamo di mettere una zavorra all’innovazione dell’Italia e di mandare in fumo miliardi di euro di Pil per i ritardi sulle reti 5G”.

Per gli investimenti infrastrutturali nelle aree bianche e grigie la Commissione europea ha dato vita al fondo europeo Connecting Cebf (Europe broadband fund), che vuole contribuire a realizzare la Gigabit society mettendo in campo oltre 500 milioni di euro di investimenti in broadband entro il 2020facendo leva su attori pubblici e privati. Ne ha parlato Roberto Opilio, Director Italia e Sud Europa, Fondo Cebf: i tre primi rogetti sono stati finanziati in Slovenia, Croazia e Gran Bretagna ma all’inizio del 2020 partiranno tre nuovi progetti di cui due in centro Italia. Sono progetti del valore di circa 50 milioni di euro ciascuno e basati sulla fibra, che mirano a mettere insieme più partner industriali per iniziative future-proof. “Progetti relativamente piccoli ma estremamente rilevanti per il contributo che possono dare allo sviluppo dell’ultrabroadband in Italia”, ha sottolineato Opilio.

L’ordine di investimento da parte degli operatori si aggira attorno ai 40 milioni per progetto e il Fondo Cebf può metterne in campo fino a una decina, parte in quota capitale parte a debito. Ma dipende anche dalla forma societaria: il Cebf predilige la creazione di newco ad hoc (ma non è obbligatorio) destinate alla realizzazione dello specifico progetto in modo da avere la garanzia che i fondi siano indirizzati esclusivamente al cablaggio delle aree grigie, con un modello wholesale only. “Bisogna puntare sulle aree grigie e le aree industriali se si vuole andare verso l’era della Gigabit society“, secondo Opilio. Fermo restando che le telco e le imprese devono essere messe nelle condizioni di investire nella digitalizzazione: senza capacità produttiva inutile fare piani sulle aree grigie.

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