Si stringe il cerchio sui fondi del Pnrr da destinare all’infrastrutturazione in banda ultralarga nelle aree in digital divide, quelle grigie ma anche quelle nere, in cui la velocità di connessione in download risulta al di sotto dei 300 Mb/s.
“La soglia della scelta prestazionale di intervento pari a 300 Mb/s stabile in download è necessaria per raggiungere, entro il 2026, l’obiettivo di connettività ad almeno 1 Gigabit/s definito dal Digital Compass”, si legge nel documento per la consiltazione che Corcom ha potuto visionare. “La soglia indicata appare, infatti, l’unica idonea a garantire che lo sviluppo delle reti da parte dei privati, in assenza di finanziamenti pubblici, evolva rapidamente verso gli obiettivi del Digital Compass secondo il principio della scalabilità evidenziato dalla Commissione europea. Tale soglia è necessaria per sviluppare reti future proof”.
In attesa della mappatura a cui sta lavorando Infratel, il comitato interministeriali di Vittorio Colao lavora al modello operativo: stando a quanto risulta a seguito dell’ultima riunione del team, è stato scartato quello a concessione utilizzato per il piano aree bianche, in cui il concessionario realizza l’infrastruttura di proprietà statale. Si fa strada invece il modello a incentivo, alias del co-investimento pubblico-privato – lo Stato dovrebbe farsi carico di circa il 70% dei costi – in cui la proprietà della rete resta in capo agli operatori. A patto però che sia garantito l’accesso wholesale a tutti i concorrenti.
Sul fronte tecnologico prevale la logica della neutralità con l’obiettivo di accelerare la roadmap: fibra, dunque, ma anche Fwa e tecnologie “miste” in grado di garantire gli obiettivi messi nero su bianco nel Piano Italia a 1 Giga.
Con il piano di intervento pubblico in esame “in conformità con la disciplina europea sugli aiuti di Stato vengono adeguatamente contemperati da un lato il raggiungimento dell’obiettivo di connettività del Governo e dall’altro l’esigenza di tutelare la redditività degli investimenti dei soggetti privati che concorrono, con i propri investimenti, al raggiungimento degli obiettivi del Piano”, si legge sempre nel documento.
Il modello a incentivo – secondo quanto risulta dalle simulazioni effettuate dall’economista ed esperto di Tlc Maurizio Matteo Dècina – si basa sul completamento della rete in funzione dell’attivazione finale, che consente all’operatore di iniziare a recuperare l’investimento (l’incentivo copre infatti solo una parte dell’investimento, la restante parte deve essere coperta immediatamente con i flussi di cassa). L’incentivo, calcolato come percentuale degli investimenti unitari per unità immobiliare, verrebbe erogato solo a compimento della tratta verticale che consente al cliente una immediata attivazione.
Secondo Dècina tra i due modelli di intervento pubblico – a concessione o a incentivo – ci potrebbe essere un differenziale di 20 miliardi di euro in termini di crescita economica in 5 anni, pari all’1% del Pil. Nel caso in cui il tasso di attivazioni dello scenario per concessione fosse incrementato di 10 volte rispetto a quello attuale (zone bianche) il differenziale si ridurrebbe a 5 miliardi.