Il tempo stringe. È convocato per lunedì 31 agosto il cda di Tim chiamato a decidere sull’offerta di Kkr, il fondo interessato a rilevare una quota importante della newco wholesale FiberCop. Stando alle ultime indiscrezioni Tim deterrà il 58% della società della rete, al fondo andrà il 37,5% e il 4,5% sarà in capo a Fastweb. E solo in un secondo momento scenderebbe in campo Cdp. Ma al momento si tratta solo di ipotesi.
Cassa depositi e prestiti non si è ancora espressa. Anche se ieri – sempre secondo fonti stampa – si sarebbe tenuto un incontro fra l’Ad di Tim Luigi Gubitosi e il numero uno di Cdp Fabrizio Palermo. Né si è espresso l’azionista di maggioranza di Tim, Vivendi. Il pressing del Governo si sta facendo forte anche se le posizioni in seno ai partiti di maggioranza non sono compatte. Le soluzioni possibili sono solo due ed è su queste due che da mesi – anzi da anni – si dibatte: newco a maggioranza pubblica (con Cdp azionista numero uno) newco a maggioranza privata (alias Tim) e aperta al co-investimento da parte degli operatori interessati. E anche sul destino di Open Fiber le ipotesi si contano sulle dita di una mano: integrazione in Tim, partecipazione alla newco con Cdp a fare da “garante” di maggioranza, newco “alternativa” con in campo OF e gli Olo interessati (ipotesi quest’ultima su cui ha acceso i riflettori nei giorni scorsi il presidente Franco Bassanini).
Le varie posizioni – politiche e non – continuano a tenere banco sulla stampa: oggi è la volta del sottosegretario al Mise Mirella Liuzzi la quale propende per una forte presenza di Cdp affinché non si dia la rete a banda ultralarga nelle mani dello straniero (Vivendi). Ma al Mise è Gian Paolo Manzella ad avere le deleghe sul piano Bul. E Manzella è dell’opinione che sia sì necessaria una forte presenza dello Stato ma contemporaneamente anche della necessità di convocare un tavolo con tutti gli operatori di Tlc, come peraltro emerso nell’ambito dell’approvazione delle mozioni in Parlamento nelle scorse settimane. Insomma, se da un lato si punta a chiudere la partita il prima possibile, dall’altro si prende tempo.
Come andrà a finire è davvero presto per dirlo. Anche se Tim andrà avanti per la sua strada – ed è altamente probabile considerato che il 31 agosto è alle porte – la fase operativa necessiterà di tempo. Prima del 2022- 2023 non sarà possibile toccare con mano alcuna rete unica. Dunque l’ipotesi che Cdp possa sparigliare le carte in un secondo momento resta in piedi.
Vivendi al momento tace, anche perché in Italia ha in ballo un altro importante dossier: quello sulla “questione” Mediaset il cui esito farà inevitabilmente la differenza sulla partita Tim. Se i francesi decideranno di lasciare campo libero a Cdp e quindi di passare da primi a secondi azionisti o addirittura se uscire completamente dalla compagine azionaria è faccenda tutta da definire. E anche cosa deciderà di fare Enel – azionista al 50% di Open Fiber con Cdp – bisognerà verificarlo con i fatti. Al momento sono diversi i fondi interessati ad avere un ruolo per mandare avanti il piano banda ultralarga: Kkr, Macquaire, Kia e Wren. Il primo sta dunque giocando sui due tavoli (Tim e Open Fiber) segno che al di là delle polemiche, dei rimpalli e delle indecisioni, investire nella banda ultralarga italiana è considerato un affare redditizio.