L'INTERVENTO

Rete unica Tlc, spunta l’ipotesi modello “ibrido”

Una “rete delle reti” che concili gli aspetti positivi dell’operatore wholesale only e quelli del co-investimento: la “soluzione” Boccadutri-Stagnaro per superare gli ostacoli sul cammino

Pubblicato il 08 Ott 2020

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Costruire un modello ibrido che abbia gli aspetti positivi dell’operatore wholesale only (economizzare i costi comuni) e quelli del co-investimento (mantenere una forte concorrenza infrastrutturale e concorrenza nei servizi): questa la soluzione per venire a capo della questione rete unica Tlc secondo Sergio Boccadutri, direttore generale della Fondazione Luigi Einaudi, e Carlo Stagnaro, direttore dell’Osservatorio sull’economia digitale dell’Istituto Bruno Leoni.

In una lunga e approfondita analisi sul Foglio, i due indicano la strada che sgombrerebbe la strada dagli ostacoli di tipo regolatorio e antitrust e che favorirebbe in un sol colpo la realizzazione delle reti e la competizione. “Detta con parole semplici significa immaginare un’infrastruttura aggregata su base nazionale che offra due opzioni agli operatori (peraltro dando la possibilità di cambiare idea nel corso del tempo): chiedere l’accesso all’infrastruttura di terzi oppure avere il proprio filo in fibra proprietaria all’interno della canaletta condivisa”.

Se dunque con il co-investimento ogni operatore ha la sua rete e con il wholesale only nessuno ha la sua rete, con questo modello “ibrido” si riesce a trovare la via mediana. “Non si tratta di una rete unica ma di una rete delle reti con una concorrenza che, alla fine, ne può addirittura uscire rafforzata”. La soluzione consentirebbe inoltre di depotenziare l’enfasi sull’integrazione verticale “perché essa rappresenta un problema concorrenziale solo in presenza di condizioni monopolistiche”. Se da un lato “il co-investimento non è una forma di perfetta concorrenza infrastrutturale ma è una diversa modalità di concorrenza infrastrutturale corretta dall’incertezza della domanda di banda ultralarga”, dall’altro “proprio tale incertezza ha portato il legislatore europeo a prevedere la possibilità di accordi comuni, che consentono non solo la condivisione di costi e rischi, ma anche la possibilità di partecipare all’investimento per le imprese più piccole e soprattutto quella di promuovere una concorrenza sostenibile a lungo termine nelle aree dove attualmente la domanda è scarsa”.

Insomma, una volta realizzata la rete, “ogni impresa partecipante può offrire direttamente servizi agli utenti finali, ovvero cedere l’utilizzo della propria infrastruttura a operatori locali che offrono servizi personalizzati alla clientela”. Secondo Boccadutri e Stagnaro il co-investimento “permette di coniugare gli obiettivi politici di copertura del territorio nazionale con il mantenimento dei presidi concorrenziali esistenti e con un disegno di mercato coerente con quello adottato nel resto d’Europa e del mondo”. E trattandosi di un modello aperto, qualsiasi soggetto può aggiungersi in fase successiva.

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