BANDA ULTRALARGA

Reti sottomarine, la mappa mondiale 2025: gli hyperscaler pigliatutto



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Ammontano a 597 i sistemi di cavi e a 1.712 gli approdi attualmente attivi o in costruzione secondo la ricognizione di TeleGeography. Google, Meta, Microsoft e Amazon protagoniste indiscusse: negli ultimi 10 anni la quantità di capacità internazionale utilizzata dalle quattro big tech è passata dal 10% al 71%. Un peso che sposta gli “equilibri” del mercato, le telco in secondo piano?

Pubblicato il 27 gen 2025



TeleGeography-Submarine-Cable-Map-2025-SECOND-RUN
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Cresce l’infrastruttura sottomarina per la banda ultralarga: nel mondo si contano 597 sistemi di cavi e 1.712 approdi attivi o in costruzione, secondo la ricognizione di TeleGeography. Ma qual è il ruolo delle telco in questo ecosistema di connettività?

I dati più recenti a disposizione parlano di un ruolo che si restringe rispetto all’ascesa delle big tech americane: Google possiede, parzialmente o totalmente, 34 cavi sottomarini, Meta ne ha 16, Microsoft cinque e Amazon quattro: dal 2017 a oggi il totale dei cavi degli over the top è passato da 20 a 59.

Over the top sempre più rilevanti nei cavi sottomarini

I grandi hub mondiali delle infrastrutture sottomarine sono quello dell’Egitto, che collega Europa, Africa e Medio Oriente, quello di Marsiglia, focalizzato sull’Africa, quello del Giappone, che serve per i collegamenti interni all’Asia, e quello di Singapore. Ci sono anche i grandi collegamenti trans-Atlantico, trans-Pacifico e tra America del Nord e America del Sud.

In queste connessioni per la banda ultralarga la quantità di capacità sottomarina internazionale utilizzata dai quattro hyperscaler a stelle e strisce è aumentata negli ultimi dieci anni dal 10% al 71%, con un tasso di crescita Cagr del 50%.

I cavi sottomarini sono un’infrastruttura di connettività fondamentale, visto l’aumento del traffico trainato dai servizi di cloud computing e, più di recente, dalle applicazioni di intelligenza artificiale. Gli hyperscaler ne sono i primi fornitori e, di conseguenza, sono gradualmente passati da utenti delle infrastrutture sottomarine a proprietari dei cavi.

È un cambiamento che vede gli Ott espandere il controllo sull’intera catena del valore dei servizi Internet, dalla creazione di contenuti all’archiviazione dei dati, all’elaborazione e al trasporto di rete.

Le telco in secondo piano: mancano le risorse finanziarie

L’ingresso sul mercato delle big tech ha spostato gli equilibri nell’ecosistema dei cavi sottomarini, relegando le aziende delle telecomunicazioni, precedentemente dominanti, a un ruolo più marginale, perché gli Ott hanno risorse finanziarie contro le quali le telco non possono competere.

Ciò dà ai quattro hyperscaler americani la possibilità di modellare la capacità all’interno delle infrastrutture sottomarine e di influire sulle rotte e le sedi per gli approdi.

“Mentre l’industria dei cavi una volta collegava le città più popolose, gli hyperscaler tendono a costruire collegamenti tra i loro data center“, ha affermato il think tank australiano Aspi (Australian strategic policy institute).

In una recente conferenza sul tema, George Nikoloudis, Coo dell’operatore backbone greco OteGlobe, ha detto che la sua azienda sta “combattendo” per ottenere fondi da investire nei cavi. Nikoloudis ha anche affermato che il cambio di strategia degli hyperscaler, che non si limitano più a comprare connettività, ma investono nei cavi, ha limitato la capacità degli operatori all’ingrosso e delle telco più piccole telco di ricavare un ritorno sui loro investimenti.

“Trovare soldi da investire nell’attività wholesale sta diventando complicato”, ha affermato.

In cerca di un nuovo modello di business per le tlc

Secondo TeleGeography, sono previsti 11 miliardi di dollari di investimenti in nuovi cavi sottomarini tra il 2024 e il 2026, il doppio dei tre anni precedenti. Il grosso della cifra sarà messo in campo dalle big tech.

Di fronte a questo scenario complesso, le telco cercano nuovi modelli di business, perché l’attività wholesale non rende. Amit Vyas, ceo di Aqua Comms India, ha evidenziato come il traino degli investimenti sia molto diverso tra telco e Ott: per questi ultimi lo scopo è soddisfare la domanda degli utenti al costo più basso, il guadagno arriva poi da servizi cloud o Ai. Ma per gli operatori dei cavi sottomarini non è così: il ritorno è legato all’infrastruttura e questo modello di business “non funziona più”, ha detto Vyas.

La soluzione è, dunque, in modelli di business diversi. Il colosso del private equity Kkr, che sta investendo nelle tlc in tutto il mondo – Italia compresa – ha puntato 400 milioni di dollari nella società della costruzione e manutenzione dei cavi, Oms. Kkr non sta investendo direttamente nei sistemi dei cavi sottomarini, ma, attraverso Oms, sosterrà il finanziamento di nuovi sistemi come fornitore neutrale.

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