Lo switch off del rame a favore delle connessioni in fibra fino all’abitazione (Ftth) non potrà avvenire prima del 2036: è quanto emerge dallo studio “Obiettivo Italia Connessa” realizzato da I-Com nell’ambito di Futur#Lab, progetto di I-Com e Join Group con la partnership di Ericsson, FiberCop, Inwit e Open Fiber. Focus del paper è l’evoluzione delle reti di telecomunicazione in Italia tra l’eliminazione del digital divide e lo switch off. Partendo dal quadro registrato a giugno 2024 e considerando l’andamento storico e i ritmi attuali, ci vorranno ancora una decina di perché l’Ftth sostituisca le connessioni in rame e Fttc.
Si tratta di tempi ben più dilatati rispetto a quanto auspica Bruxelles: il Digital connectivity package pubblicato a febbraio dalla Commissione europea, comprensivo del white paper “How to master Europe’s digital infrastructure needs?”, ritiene appropriato raggiungere lo switch off del rame per l’80% degli abbonati nell’Ue entro il 2028 e per il restante 20% entro il 2030.
In Italia quasi il 16% delle connessioni sono in rame
Lo studio di I-Com ha considerato l’evoluzione del mix tecnologico negli accessi diretti alla rete fissa in Italia, che, tra giugno 2018 e giugno 2024, vede un calo delle connessioni completamente in rame (-49,5%) a fronte di una netta crescita di Ftth (passato dal 3,4% al 25,8%) e dell’Fwa (dal 5,5% al 11,1%). È interessante inoltre notare come a partire dal 2022 sia calata la quota di connessioni Fttc (-4,1%), segnale di un graduale passaggio (sia pure ancora modesto) verso le connessioni completamente in fibra. Tuttavia, le connessioni in rame restano comunque il 15,8% del totale su una base di accessi che rimane stazionaria.
Il macro obiettivo esposto dalla Commissione europea nel citato white paper consiste nell’assicurare ampia disponibilità, anche nelle aree rurali, di infrastrutture di connettività di elevata qualità, affidabili e sicure attraverso la definizione di un quadro regolamentare che incentivi la transizione dalle reti in rame tradizionali alle reti in fibra ottica, lo sviluppo di reti 5G ed altre reti wireless, nonché di infrastrutture basate sul cloud.
Tra gli scenari delineati dalla Commissione, il 5 in particolare mira a ridurre gli oneri per le aziende, ad individuare misure per accelerare lo switch off del rame e rivedere le politiche di accesso alla rete in fibra attraverso la definizione di un prodotto europeo di accesso all’ingrosso.
Il white paper sottolinea come la migrazione dalle reti in rame tradizionali alle nuove reti in fibra sia un processo chiave per facilitare la transizione verso il nuovo ecosistema di connettività, che promuove l’adozione dei nuovi servizi, contribuendo ad aumentare il rendimento degli investimenti in fibra e a sostenere il raggiungimento dell’obiettivo del Decennio Digitale, e supporta gli obiettivi green dell’Ue.
La fibra è green: risparmi di elettricità per 132 milioni
La fibra ottica, infatti, dà un contributo importante alla sostenibilità delle telecomunicazioni nel fisso, esattamente come accade 5G per le reti mobili. Nello scenario 7 del white paper sulle infrastrutture digitali dell’Ue, la Commissione sottolinea la possibilità di facilitare “l’ecologizzazione” delle reti digitali, promuovendo lo spegnimento tempestivo delle reti in rame e il passaggio a un ambiente completamente in fibra ottica.
Rispetto alle tecnologie precedenti, infatti, la fibra permette una consistente riduzione dei consumi energetici, dato che le sue reti sono composte da elementi passivi, i quali non richiedono, a differenza di quanto avviene con i cavi in rame, una perpetua erogazione di energia elettrica.
In termini concreti, l’impronta energetica per utente della fibra ottica è di circa 2 Wh, mentre è di 10 Wh nel caso della tradizionale connessione in rame. Tutto ciò porterebbe, secondo Open Fiber, ad una riduzione del consumo energetico annuo di approssimativamente 560 GWh e, a livello economico, ad un risparmio annuo complessivo di circa 132 milioni di euro.
Nel complesso, seguendo quanto riportato dal report del 2023 dell’Etno sullo stato delle comunicazioni digitali, la riduzione dei consumi di energia dovuta al passaggio dalle reti in rame alle infrastrutture Ftth ammonta a circa l’80%.
Reti ultrabroadband: la copertura e la domanda
Delle indicazioni particolarmente interessanti provengono dall’analisi svolta da I-Com sulla domanda di connettività. Il primo aspetto che emerge è relativo ad una quota consistente di consumatori che, in un’epoca in cui il web è il canale privilegiato di comunicazione tra individui, imprese e istituzioni, hanno scelto di non sottoscrivere un contratto di rete fissa e di affidarsi esclusivamente al mobile. Da ciò emerge chiaramente l’effetto di sostituzione che le reti mobili stanno esercitando rispetto al fisso nelle scelte dei consumatori.
D’altro canto, per chi dispone di una connessione non Ftth, l’ostacolo principale rispetto ad effettuare un upgrade di linea è rappresentato dalla mancanza di copertura nella propria zona (44,3%), fattore che sottolinea, secondo I-Com, la necessità di accelerare con il deployment delle reti sul territorio.
Nel confronto europeo, i dati di copertura della banda ultralarga rivelano un’Italia ferma al 59%, 20 punti percentuali in meno della media europea. Stesso andamento se si guarda la copertura Fttp rispetto alla quale l’Italia si posiziona in ritardo nella competizione europea con una percentuale ancora una volta inferiore alla media (59% vs 64%).
A livello di domanda, l’Italia è al 34° posto tra i Paesi Ocse con soli 7,4 abbonamenti ogni 100 abitanti.
Serve un approccio progressivo
“Le reti di telecomunicazione di ultima generazione sono sia un volano di inclusione sociale che un fattore cruciale nella competitività del tessuto industriale di ogni paese. In quest’ottica, appare fondamentale lavorare sia sul dispiegamento di reti ultra broadband di ultima generazione che sul versante della domanda, ancora troppo poco reattivo rispetto a tali soluzioni di connettività”, si legge nel report di I-Com.
Si tratta tuttavia di un tema molto complesso, aggiungono gli autori. “Se è fuor di dubbio ed ampiamente condivisa la necessità di procedere speditamente allo spegnimento delle reti in rame (voce ed Adsl), il discorso certamente si complica se si pensa all’Fttc, agli investimenti realizzati su queste infrastrutture, alle performance che essa assicura ed all’immaturità della domanda e dei servizi”.
Tra gli altri fattori da considerare c’è la regolamentazione del decommissioning, “ossia il processo di spegnimento delle centrali locali della rete di accesso di Tim sottoposto alla vigilanza di Agcom e la migrazione degli utenti su reti Fwa, Fttc e Ftth. Tale regolamentazione, infatti, impone tempistiche lunghe per le verifiche iniziali di Agcom, il tempo di preavviso e la migrazione tecnica e non consente, di fatto, di interrompere l’erogazione del servizio agli utenti che rifiutino il passaggio alla nuova rete. In questo contesto è dunque chiara la necessità, se si persegue l’obiettivo di accelerare il copper switch-off, di ripensare tale quadro“, comprimendo il periodo per lo svolgimento delle attività di comunicazione, verifica e migrazione e abilitando l’operatore ad interrompere il servizio voce e Adsl. I-Com evidenzia il ruolo delle campagne di awareness veicolate non solo dagli operatori, ma soprattutto dai decisori politici nazionali e locali, tese ad accrescere la consapevolezza circa i benefici, in termini di sostenibilità ambientale e di accesso ai servizi digitali, che le infrastrutture a banda ultra larga assicurano.
Quello del copper switch-off – conclude lo studio – è un processo “complesso ed articolato, che si scontra con tutte le criticità legate all’assicurare l’effettiva capillarità della fibra e che richiederà, dunque, la definizione di una politica industriale a ciò orientata ed il superamento delle criticità legate alle procedure di rilascio dei permessi che continuano a rappresentare uno dei talloni d’Achille per il paese. Sarà certamente necessario assicurare una progressività che, pur guardando agli obiettivi europei, non potrà prescindere dai piani di investimento degli operatori nei singoli territori e da un’attenta valutazione degli impatti sui singoli sistemi nazionali. Si tratta di un processo che certamente va orientato con ampia concertazione tra gli attori coinvolti nel tentativo di bilanciare adeguatamente tutte le esigenze in campo”.
Appuntamento a Telco per l’Italia il 12 dicembre
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