“La rete a controllo pubblico è un obiettivo che cercheremo di praticare”: all’indomani dell’ufficializzazione della nuova offerta sottoposta a Tim da parte da Kkr per rilevare Netco (alias la newco della rete) – notizia che ha fatto balzare il titolo di quasi il 10% – esce allo scoperto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. I toni sono decisamente meno “trionfalistici” rispetto a quelli di appena qualche settimane fa in cui il Governo dava praticamente per certo il controllo pubblico dell’infrastruttura. “C’è da vedere la proposta di Kkr, poi il governo che è in parte azionista in parte ha altri poteri valuterà quando avrà piena intelligenza della proposta”, ha detto Giorgetti puntualizzando che Kkr aveva annunciato al governo che avrebbe sottoposto la proposta
Cassa depositi e prestiti farà una controfferta?
Cassa depositi e prestiti sparisce dunque dal radar, almeno per ora: disattesi i rumor che davano per imminente un’offerta della Cassa con il fondo Macquarie anche se secondo indiscrezioni di stampa non è esclusa una controfferta.
Kkr aveva presentato ad aprile 2022 un’offerta per il 100% di Tim. Il fondo – che ha una quota del 37,5% in Fibercop (la wholesale company di Tim) ci riprova puntando su Netco, la società in cui secondo il piano industriale andrebbero a confluire gli asset di rete (al netto di quelli della rete mobile).
Tim resta aperta ad altre ipotesi
Kkr ha presentato a Tim un’offerta non vincolante: ieri si è riunito il cda della telco che ha deciso di calendarizzare per il 24 febbraio una nuova riunione “per decidere in ordine all’offerta non vincolante ricevuta da Kkr per NetCo”. E l’azienda puntualizza che “Tim rimane aperta a valutare ogni eventuale alternativa che dovesse nel frattempo concretizzarsi, e continuerà nel dialogo con i propri stakeholders”. Il 14 febbraio è intanto previsto il cda per la presentazione del nuovo piano industriale 2023-2025.
Kkr, offerta da 20 miliardi per Netco
Se è vero che l’offerta di Kkr è stata fatta su Netco -società ancora tutta da costituire – non è dato sapere se l’offerta sia stata presentata sul 100% della newco o su una percentuale inferiore. Secondo indiscrezioni di stampa il valore dell’offerta si aggira attorno ai 20 miliardi per la rete primaria e secondaria, mentre non includerebbe Sparkle e il backbone. Sei gli advisor chiamati a valutare le condizioni dell’offerta: per Tim ci sono Goldman Sachs, Mediobanca e Vitale; Jp Morgan, Moran Stanley e Citi per il fondo Kkr. Stando a quanto si apprende il piano di Kkr prevederebbe la possibilità di altri soggetti: dalla finestra potrebbero dunque rientrare uno o più soggetti pubblici, dal fondo F2i a Poste.
La posizione negoziale di Tim
Gli analisti di Equita ritengono che a seguito dell’offerta di Kkr “la posizione negoziale di Tim risulta oggi più forte, avendo un back-up interessante da Kkr e una possibile offerta in arrivo da Csp/Macquarie, con maggiori complessità di esecuzione (maggiore rischio antitrust) ma maggiori sinergie da sviluppare (costituzione di un operatore nazionale) e più rispondente ai desiderata del governo di avere un controllo statale sull`asset rete. Rispetto alla nostra valutazione attuale, la cessione del 100% di NetCo a 20 miliardi implicherebbe una valutazione del gruppo intorno a 46 cents”.
La crisi delle Tlc: -10,7% di ricavi fra il 2017 e il 2021
Mentre resta alta l’attenzione mediatica sul dossier rete nazionale il mercato delle Tlc continua a perdere “pezzi”. Agcom ha presentato il report sui bilanci delle imprese delle comunicazioni elettroniche nel periodo 2017-2021 da cui risulta una perdita dei ricavi pari al 10,7% passando da 31,8 a 28,6 miliardi di euro. Se a inizio periodo gli introiti da rete mobile erano stimati al 51,3% del totale, nel 2021 si sono attestati a poco più del 44% a testimonianza – puntualizza l’autorità – degli impatti della progressiva pressione competitiva. La crescita della componente fixed è dovuta all’incremento dei servizi broadband e ultrabroadband.
Dal report emerge che tra il 2017 e il 2019, il margine lordo del settore tende a migliorare (passa dal 35,6% al 38,5% dei ricavi) con il valore di Tim che nel 2017 risulta significativamente superiore a quello delle altre imprese (41,1% vs 31,1%); nel 2019 tale vantaggio si riduce, a seguito del netto miglioramento della marginalità delle seconde (l’indice è pari al 36% nel 2019). Nei due successivi esercizi, 2020 e 2021, gli effetti della crisi pandemica e la pressione competitiva del settore fanno registrare una flessione del margine lordo complessivo di quasi dieci punti percentuali (27,1% nel 2021) e si riflettono in particolare su Tim, che nel 2021 registra un ebitda pari al 21,3% dei ricavi, contro il 31,6% ottenuto in media dalle altre imprese.