“L’Italia si trova nella insolita situazione di avere un operatore privato (Tim, ndr) in competizione con un operatore di proprietà statale (Open Fiber, considerato che Cdp è azionista al 50% ndr). E ciò crea incertezze sulla proprietà futura della rete”: è il tema della proprietà della rete a rappresentare una peculiarità tutta italiana secondo quanto emerge dal report “Full-fibre access as strategic infrastructure: strengthening public policy for Europe” (qui il report completo) commissionato da Huawei ad Analysy Mason per fare il punto sulla diffusione della fibra in 30 paesi europei (i 27 della Ue più l’uscente Regno Unito, Norvegia e Svizzera) e soprattutto per capire quali sono le sfide da affrontare per estendere la copertura delle reti in termini di politiche regolatorie e di investimenti da parte di Governi e aziende.
Il capitolo dedicato all’Italia, – alle pagine 63 e 64 del documento – nel ripercorrere le tappe che hanno portato alla presenza di due principali operatori in competizione fra di loro sul fronte infrastrutturale – Tim e Open Fiber – evidenzia che a fine 2019 la fibra Fttp (fiber to the premises) ha raggiunto il 27%, ma resta ferma al 17% l’accensione delle reti. Ma al di là dell’anomalia italiana il report accende i riflettori sul ritardo dell’Europa – rispetto ai Paesi più avanzati al mondo – negli investimenti nelle reti in fibra. Il tutto nonostante circa il 90% di tutto il traffico Internet in Europa sia veicolato attraverso le reti a banda larga fissa e si stia assistendo – in particolare a seguito dell’emergenza Coronavirus – a una crescente necessità di connettività Gigabit dovuta alla spostamento online di tutta una serie di attività, dalle vendite al lavoro.
“L’Europa deve passare a un approccio più” dirigista” per raggiungere gli ambiziosi obiettivi della Commissione europea per il lancio di reti ad altissima capacità e la realizzazione della Gigabit Society”, sottolinea Ian Watt, Lead Enterprise Consultant, Custom Research di AnalysysMason. “La ricerca rivela che molti paesi sembrano destinati a fallire gli obiettivi e che l’Europa in generale è in ritardo rispetto ai parametri di riferimento di altre regioni mondiali. L’attuale crisi ha fatto luce sulla necessità di una solida connettività Internet. Le economie riemergeranno ancora più dipendenti dalla sfera digitale. In Europa, il coinvolgimento dello stato nell’economia è improvvisamente cresciuto, con l’accento su soluzioni a lungo termine. Un focus sulla fibra come infrastruttura strategica è un buon punto di partenza”.
Sul cammino dell’ultrabroadband europeo restano però ostacoli di tipo regolatorio nonché costi elevati. Se da un lato stanno emergendo nuovi approcci, assistiti da una politica positiva guidata dal governo, in particolare quelli che riconoscono l’importanza della fibra come infrastruttura nazionale e riducono o rimuovono gli ostacoli allo spiegamento, dall’altro – secondo Analysys Mason la condivisione dell’infrastruttura è considerata la strada migliore: riduce i costi e migliora la velocità di implementazione. Dovrebbe essere preso inoltre in considerazione anche uno “schema di rottamazione del rame”.
“Promuovendo gli investimenti in infrastrutture 5G e in fibra, il Cef (Connecting Europe Facility) Digital contribuirà agli sforzi degli Stati membri per raggiungere gli obiettivi Gigabit 2025. Inoltre, il Cef creerà sinergie con altri programmi come Invest EU e Digital Europe e sarà integrato dai fondi di investimento strutturali europei”, sottolinea Franco Accordino, Head of Unit “Investment in High-Capacity Networks” della DG Connect Ue. “Attualmente esiste un gap di investimenti per 65 miliardi di euro all’anno per raggiungere gli obiettivi strategici di connettività dell’UE per il 2025”.
E Aurélie Bladocha Coelho, Director Communications dell’Ftth Council evidenzia che “in quanto unica infrastruttura a prova di futuro, che consente anche un notevole risparmio energetico, la fibra è parte essenziale della ripresa economica europea e la chiave per realizzare le ambizioni del Green Deal europeo”.
In rappresentanza dei regolatori, Michel Van Bellinghen, eletto alla presidenza del Berec per il 2021 sottolinea che “la crisi ci ha insegnato che l’importanza della connettività non può essere sottovalutata. La promozione della piena connettività guiderà il nostro lavoro per i prossimi anni e il Berec garantirà un’attuazione armonizzata sviluppando le linee guida necessarie”.