L'EDITORIALE

Tim, se non si scorpora la rete chi si accollerebbe un’Opa?

Il 9 giugno la deadline per presentare le nuove offerte. Ma difficilmente si troverà la quadra economica sulle richieste di Vivendi. Per chiudere la partita si potrebbe davvero tornare all’ipotesi di un’offerta pubblica di acquisto? L’operazione è oggi finanziariamente impossibile rispetto a quando ci provò Kkr. A Telco per l’Italia il 15 giugno Butti e Labriola

Pubblicato il 30 Mag 2023

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Si avvicina la deadline del 9 giugno, data fissata dal cda di Tim per un nuovo rilancio sulle offerte da parte di Cdp-Macquarie e Kkr. L’obiettivo è trovare una quadra ma Vivendi non ha alcuna intenzione di cedere sulla parte economica: oltre 30 miliardi la richiesta di un anno fa. C’è chi sostiene che i francesi sarebbero disposti a chiudere intorno ai 25 miliardi, una cifra comunque “monstre” che difficilmente le due cordate saranno disposte e potranno mettere in campo.

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Il titolo Tim a 25 centesimi, ma il valore del debito è aumentato

Due le ipotesi che si profilano: rimandare il dossier Netco a data da destinarsi e quindi entrare in una pericolosa fase di stallo; trovare una strada alternativa che inevitabilmente riapre l’ipotesi di un’Opa su Tim ma le condizioni sono cambiate. Era novembre del 2021 quando il fondo americano Kkr presentava la manifestazione di interesse non vincolante per rilevare il 100% delle azioni ordinarie e di risparmio al prezzo di 0,505 euro, un premio del 46% per una valutazione pari a 11 miliardi e una valorizzazione, dunque, di oltre il 60% rispetto al valore delle azioni che si attestava a suo tempo a 0,34 euro. Ma le cose nel frattempo si sono evolute in peggio: se è vero che il valore del titolo di Tim oggi oscilla intorno ai 0,25 euro, e quindi lanciare un’Opa potrebbe apparire più conveniente rispetto al passato è an che vero che nel frattempo il valore del debito è cresciuto in maniera esponenziale.

Il Governo, attraverso Cassa depositi e prestiti – o Invitalia o F2i che sia – si accollerà 30 miliardi di debito e passa? Cifra che potrebbe lievitare considerando anche i tempi tecnici per chiudere l’operazione? (almeno 18 mesi viste le necessarie autorizzazioni antitrust?).

Ma soprattutto se non si chiude la partita cosa succederà quando Tim dovrà rifinanziare il debito fra un anno? Il quadro inizia farsi davvero allarmante.

Capitani coraggiosi 4.0?

Ci sono altre ipotesi alternative? Se il dossier Netco non si chiude e le due cordate si ritirano definitivamente dal tavolo a Vivendi non resta che la strada dell’aumento di capitale. Ma Vivendi ha le risorse? Alias almeno 10 miliardi?

A voler ampliare il cerchio delle possibilità servirebbero dei “capitani coraggiosi 4.0″: nelle scorse settimane è circolata l’ipotesi di una discesa in campo di Poste, un’ipotesi niente affatto peregrina. L’Ad Del Fante, alla vigilia della sua riconferma alla guida dell’azienda, dichiarava non nessun dossier era stato aperto su Tim. Ma ciò non esclude che si possa aprire.

A Telco per l’Italia Butti e Labriola

L’unica cosa certa è che la strada resta in salita. Il Governo puntava a chiudere la partita addirittura entro dicembre 2022. Sono passati sei mesi e per ora tutto è aperto. Il 15 giugno a Telco per l’Italia, in programma a Roma presso Roma Eventi- Piazza di Spagna, intervengono il Sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti e Pietro Labriola, Ad di Tim: a una settimana dalla deadline del 9 giugno sapremo cosa è accaduto e che piega sta prendendo il dossier.

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La “questione” Luciano Carta

Intanto ieri si è riunito il cda di Tim per avviare la procedura di cooptazione di un consigliere da nominare al posto del dimissionario Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi, che ha lasciato il board a gennaio scorso. Il comitato nomine, che aveva già vagliato i requisiti dell’amministratore proposto dal primo socio Vivendi, ovvero Luciano Carta, già presidente di Leonardo, proseguirà nel suo lavoro, emerge da fonti vicine all’azienda. Per la cooptazione del consigliere servirà dunque una nuova riunione del board.

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