I prezzi all’ingrosso della banda larga non possono subire una riduzione “drastica e improvvisa”: il commento di Georg Serentschy, presidente del Berec (l’organismo Ue che riunisce i regolatori telecom nazionali), arriva mentre la Commissione europea si prepara a finalizzare il suo lavoro su una eventuale armonizzazione dei metodi usati dalle autorità nazionali per calcolare il costo del servizio broadband quando regolano le tariffe.
Serentschy fa notare che in Norvegia e Svizzera, due paesi non membri dell’Ue dove i prezzi dell’accesso alla banda larga sono relativamente alti, si stanno registrando forti progressi negli investimenti nelle reti ultra-veloci di nuova generazione.
Per contro, in Austria (dove Serentschy è presidente del regolatore telecom nazionale, Rtr), i prezzi della banda larga wholesale sono relativamente bassi e gli investimenti nelle Ngn sono in stallo.
Sono considerazioni che probabilmente piaceranno alle aziende delle telecomunicazioni incumbent, che da tempo mettono in guardia che abbassare i costi della banda larga wholesale ridurrebbe anche gli incentivi a investire e il denaro che gli incumbent hanno a disposizione per le nuove infrastrutture.
Dall’altro lato, gli operatori alternativi pensano che i prezzi all’ingrosso debbano diminuire, perché guadagnare meno dalle reti legacy in rame incoraggerebbe gli incumbent a migrare la loro infrastruttura verso la fibra e le reti ad alta capacità. Si potrebbe fare un’eccezione, suggeriscono gli operatori alternativi, se le grandi telco si impegnano concretamente a investire.
Serentschy ammette che il tema è particolarmente controverso, ma si dice “molto scettico sull’ipotesi che abbassare i prezzi del rame in modo drastico possa creare automaticamente una forte spinta alle implementazioni in fibra”.
"Dobbiamo vedere l’effetto di sostituzione delle nuove tecnologie”, aggiunge Serentschy, "e il rame può vivere una seconda stagione. Anche questo va tenuto in considerazione”.
L’indicazione definitiva del Berec su questo tema spinoso "dipenderà dalla direzione che la Commisione vorrà prendere”, continua Serentschy, spiegando: "Non consiglierei alla Commissione la strada di un cambiamento radicale nel valore delle infrastrutture esistenti con la speranza che questo renda più veloce l’implementazione della fibra. Non ci sono prove che abbassare i prezzi del rame porti le telco a varare piani aggressivi per reaizzare nuove reti”, conclude.