Pubblichiamo le opinioni dei deputati e dei senatori che hanno aderito all’intergruppo sull’Innovazione. Un insieme di eletti bipartisan che “fa gruppo” con l’obiettivo di sensibilizzare i Palazzi e indirizzare i provvedimenti esaminati da aule e commissioni per “rimettere il digitale al centro delle decisioni parlamentari”.
Risponde Deborah Bergamini, classe 1967, eletta alla Camera nella lista del Popolo delle Libertà, iscritta al gruppo di Forza Italia. Fa parte della commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni.
Onorevole Bergamini, perché ha deciso di aderire all’intergruppo Innovazione?
Di questi argomenti a livello parlamentare non si parla mai abbastanza, figuriamoci fare abbastanza. Da tempo lamento il fatto che non esista una commissione parlamentare dedicata né all’innovazione né alle telecomunicazioni, e questo ci dà la misura di quanto la priorità dei temi dell’innovazione sia oggi bassa. Dobbiamo cambiare questa percezione, e l’intergruppo sull’Innovazione serve proprio a questo, a costruire una leva che sia in grado di far comunicare meglio l’industry e la cosiddetta società civile con il Parlamento.
Quali sono le sfide più importanti con le quali sarete chiamati a misurarvi?
La prima è quella dell’agenda digitale, che rischia di diventare una leggenda digitale. Da Monti in avanti i Governi che si sono susseguiti l’hanno posta al centro dell’agenda politica, però poi – ad esempio – i decreti attuativi al decreto Sviluppo 2, che fu quello che diede vita all’agenda digitale, languono, non vengono emanati. Così per larga parte l’ambizioso piano per l’agenda digitale è rimasto ad oggi lettera morta: il problema è che non ce lo possiamo permettere, perché scontiamo un ritardo drammatico in termini infrastrutturali, economici, di sviluppo e di creazione di posti di lavoro. Poi la sburocratizzazione: il rapporto tra i cittadini e la pubblica amministrazione potrebbe essere radicalmente modificato con l’agenda digitale, anche per combattere la corruzione. Tutto questo per il momento è una somma di intenzioni o poco più. L’altro aspetto, strettamente collegato, è di cercare di fare in modo che il parlamento sia più sensibile alle istanze delle industry e di certi segmenti della società civile che chiedono fortemente un passo in avanti, e non sempre trovano interlocutori sensibili nel Parlamento: noi ci auguriamo di poter giocare questo ruolo.
Qual è il valore aggiunto che deriva dalla “trasversalità” di questo intergruppo?
E’ il punto di forza di questa iniziativa, perché riuscire finalmente a elaborare una piattaforma di innovazione per il nostro Paese che tocchi tutti i player che ne fanno parte è un cambiamento culturale prima che infrastrutturale. E’ un’ambizione grande che richiede l’apporto e la spinta di tutte le forze politiche, e soprattutto richiede tante competenze. Il fatto che colleghi provenienti da tutte le commissioni abbiano sentito l’esigenza di aderire a questo intergruppo è un segnale importante.
Che tipo si sensibilità ha riscontrato in Parlamento su questa iniziativa?
Il tema dell’innovazione è molto sentito in Parlamento, e ovunque si avverte la frustrazione di sapere quanto dovremmo fare in questa materia e quanto poco si riesce a fare, per problemi di bilancio, perché le risorse non si trovano, perché è difficile raccordarsi e fare un lavoro di coordinamento. La sensibilità esiste, ora dobbiamo trovare il modo di metterla a fattor comune e passare dalle buone intenzioni ai fatti. Dobbiamo essere in grado di pungolare il Governo come rappresentanti dei cittadini italiani: il peso e la spinta del Parlamento è un fattore fondamentale e fa parte delle nostre prerogative, non possiamo lamentarci se non lo esercitiamo.
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