"Nessun ritorno al monopolio, nelle tlc il mercato
funziona”: così l’Ad di Telecom Italia Franco Bernabè,
intervistato da Daniele Lepido de Il Sole 24 Ore ai margini del
convegno sulla banda larga di Between, risponde alle critiche
lanciate dai principali concorrenti al colosso delle Tlc. Secondo
Fastweb, Vodafone, Bt Italia, Wind e Tiscali (sentiti ieri sempre
da Il Sole 24 Ore), “a più di dieci anni dalla deregulation,
Telecom controlla ancora l’80% degli accessi alla rete fissa”.
“La quota di mercato di Telecom Italia è pari al 74%, dato di
giugno 2009”, chiarisce Bernabè. “E questo valore non è
assolutamente un’anomalia italiana. In Europa siamo
sostanzialmente allineati o al di sotto, per esempio, di France
Telecom, che è al 79%”.
Inoltre, continua l’Ad di Telecom, “la nostra quota di
mercato nelle zone di unbundling è scesa fino al 66% nelle aree
in cui i competitor decidono di investire, dunque un cliente su
tre ha potuto migrare altrove. Se poi ci si concentra sulle
grandi aree metropolitane – come Milano, Roma, Torino, Napoli –
la quota degli accessi di Telecom Italia si colloca poco al di
sopra del 50%: un cliente su due è già migrato ad altri
operatori grazie soprattutto alla regolamentazione che ha
favorito questo modello di competizione”. E sulla banda larga?
“Se si prende in considerazione il mercato dell’accesso
broadband, lo stato della concorrenza è ancora più avanzato: al
30 giugno 2009, gli operatori alternativi detenevano il 42% del
mercato nazionale”, risponde Bernabè. E non è vero che in
Italia l’unbundling costa più che in altri Paesi europei,
continua l’Ad: “Gli 8,5 euro al mese dell’Italia si
collocano al di sotto della media dei principali Paesi Ue di
circa il 10%. Nel Regno Unito l’autorità di settore ha
stabilito un aumento annuo per il 2010-2011 pari al tasso di
inflazione”.
Con dati del genere, secondo Bernabè, non si può dire che in
Italia esiste un concreto rischio di rimonopolizzazione: “La
deregulation non marcia a passo ridotto. Anzi, credo che per
troppo tempo le asimmetrie a favore degli operatori alternativi,
per esempio nelle procedure di migrazione, abbiano limitato la
libertà di scelta dei clienti finali, creando le condizioni per
una sorta di ‘concorrenza assistita’”. Continua Bernabè:
“Per la diffusione delle linee in unbundling l’Italia
rappresenta insieme alla Germania il modello di riferimento in
Europa”, essendo questi gli unici due Paesi in cui il full
unbundling ha superato il 20%. “Quando si legge di sei milioni
di linee di unbundling in Gran Bretagna, si sommano due servizi
wholesale molto diversi in termini di impatti competitivi per
l’operatore storico e per gli altri: il full unbundling, 1,5
milioni di linee, e lo shared access (4,5 milioni di
collegamenti)”: solo nel primo caso la linea telefonica passa
completamente all’operatore alternativo.
Ancora, per Bernabè è impossibile accusare Telecom di proporre
offerte commerciali non replicabili dagli altri: “Tutte le
nostre offerte sono preventivamente verificate dall’autorità.
I casi di ko tecnici sono meno della metà di quelli dichiarati.
La parte rimanente è dovuta a scelte del cliente che durante il
processo di passaggio può cambiare idea oppure non rendersi
reperibile”. Infine, come risponde Bernabè agli attacchi sulla
presunta “scarsa trasparenza” di Open Access? “E’
l’Authority a dire che la trasparenza è migliorata. Gli
impegni di Telecom Italia hanno rappresentato un sacrificio
competitivo di cui gli altri operatori hanno beneficiato”.