Lo scenario italiano delle Tlc nel dopo-asta Lte, gli investimenti
di Telecom Italia, la destinazione del surplus degli incassi della
gara, il piano Ngn. Ne parla il presidente esecutivo Telecom Italia
Franco Bernabè in un'intervista rilasciata al Sole 24 Ore in
cui afferma che in Italia non c'è più posto per quattro
operatori di di telefonia mobile: non sono io a dirlo ma la
durissima asta sulle frequenze 4G che si è appena conclusa, una
specie di arena nella quale gli operatori hanno combattuto.E
infatti Tre Italia è rimasta a secco degli 800 Mhz, la banda più
pregiata sulla quale noi Vodafone e Wind eravamo obbligati a
mettere le mani". Sulle voci di un interesse di Telecom per
Tre avverte: "andiamoci piano, razionalizzazione del mercato
non vuol dire che Telecom Italia sia intenzionata a comprarsi
Tre".
Del resto secondo Bernabè "ha un senso che il mercato
italiano della telefonia mobile si razionalizzi, d'altra parte
la scelta che è stata fatta nell'organizzazione dell'asta
delle frequenze dimostra che nel mercato non c'è spazio per 4
operatori. Comunque su Tre non abbiamo ambizioni di prendere
iniziative".
Si dice d'accordo con Bernabè l'ad di Wind, Ossama
Bessada, che dal convegno Between di Capri conferma: si va verso
un consolidamento del mercato. "La situazione economica si fa
sempre più difficile – ha detto – e c'è una pressione
regolatoria che spingerà verso il consolidamento". Quanto a
colloqui di Wind con Tre Bessada ribadisce: "Se ne è parlato
prima di Vimpelcom, ma non siamo in discussione".
Rispetto all'asta frequenze, conclusa con un incasso da 4
miliardi per lo Stato, Bernbè ricorda che quanto pagato dagli
operatori è stato pari a 0,81 per Mhz, "un valore più
elevato del record raggiunto dall'asta tedesca che aveva
toccato 0,72 euro. Ma la cosa più preoccupante – sottolinea – è
che abbiamo pagato fior di quattrini per un asset che forse avremo
tra 18 mesi e dico forse perché sono tutte da chiarire le
modalità del trasloco al digitale delle tv locali. Su questa
partita – osserva – ci aspettiamo molti contenziosi e quella che
sarebbe potuta essere una straordinaria occasione di sviluppo per
il Paese rischia di andare perduta. Abbiamo pagato per qualcosa che
non c'è in un quadro di grande incertezza. Il rischio è
l'immobilismo".
Il numero uno di Telecom critica poi l'impianto complessivo
della gara perché, spiega, "dal punto di vista delle regole,
ritengo che la gara sia stata strutturata non con un obiettivo di
politica industriale ma puntando semplicemente a ottenere dagli
operatori quanti più soldi possibili".
Bernabè ricorda che poi che l'esborso complessivo per gli
operatori, tra asta e implementazione della rete ammonterà a circa
10 miliardi (1,2 miliardi per Telecom ndr) e, sulla richiesta dei
piccoli investitori di Asati di un aumento di capitale da 5
miliardi dice: "non serve nessun aumento di capitale. Gli
investimenti saranno spalmati su 5 anni e Telecom ha le risorse per
far fronte al costo delle frequenze".
Secondo Bernabè poi "il governo dovrebbe decidere di
utilizzare i proventi della gara per colmare il digital divide nei
distretti industriali".
Quanto ai piani per l'Ngn, "non mi sembra siano stati
fatti molto passi avanti. Se puntiamo sull'Lte servirà trovare
un bilanciamento tra telefonia fissa e mobile senza fare inutili
cattedrali nel deserto. La fibra è diventata un fatto ideologico
perché fibra e rame coesisteranno".
Sullo switch off dal rame alla fibra chiesto dal commissario Ue per
l'Agenda digitale, Neelie Kroes commenta: "il passaggio
avverrà progressivamente. Quello che bisogna fare è iniziare a
sperimentare in fibra in aree limitate, dalle quali potrà partire
lo switch off".
Infine, Bernabè puntualizza che non è vero che mantenendo elevate
le tariffe del rame gli ex monopolisti sono disincentivati a
investire in fibra: "il contrario: la logica economica dice
che deprezzando il rame si creano minori incentivi per investire
nelle nuove tecnologie" e sul possibile stop antitrust
all'acquisto di Skype da parte di Microsoft osserva: "la
vicenda pone molti interrogativi dal punto di vista
dell'Antitrust: non si può utilizzare una posizione
ultradominante, e quella di Microsoft lo è nei sistemi operativi,
per introdurre altri servizi".