“Il nostro Paese non è in ritardo, perché soprattutto per quanto riguarda la telefonia mobile è in grado di superare alcune carenze nell’utilizzo dei collegamenti fissi”. Lo afferma a Unomattina il presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè, spiegando che in Italia “abbiamo certamente un ritardo nell’utilizzo di Internet da postazioni fisse, ma è compensato da una maggiore dinamica dell’utilizzo di Internet da postazioni mobili. Abbiamo una diffusione di tablet superiore a quella di altri Paesi, un utilizzo della banda larga mobile superiore a quella di molti altri Paesi europei. Direi che non dovremmo lamentarci”.
Bernabè aggiunge che “l’Italia ha pochi collegamenti a bassa velocità, moltissimi a media velocità, pochi ad alta velocità. Questo è un gap, certamente, che dipende anche dal fatto che in Italia non si à mai sviluppata la tv via cavo, che in altri Paese è lo strumento che consente di offrire l’altissima velocità. “Questo gap lo stiamo colmando – prosegue il manager – perché Telecom ha sviluppato un progetto di investimenti molto importante che porterà al 2014 ad avere 100 città collegate ad altissima velocità, portando la fibra fino agli armadi stradali del sistema telefonico, e questo consentirà di aumentare la velocità disponibile”.
A questo si aggiungerà “il miglioramento della telefonia mobile, con le frequenze Lte che abbiamo comprato lo scorso anno siamo in condizione di offrire Internet ad altissima velocità anche in mobilità. Gran parte della popolazione, il 40%, verrà coperto entro i prossimi 2 anni”. In merito al tema della separazione della rete, a chi accusa Telecom di non voler cedere il controllo, Bernabè dice che “questo non è vero, perché l’Italia è il Paese con una delle più grandi diffusioni di unbundling, la messa a disposizione dei concorrenti della nostra infrastruttura. Su 14 mln di linee in alta velocità broadband, 7 mln sono utilizzate dai concorrenti. Non si può dire che non esista la concorrenza nel nostro settore”.
Intanto, secondo quanto riportato da Repubblica, l’Ad Marco Patuano sta per varare una manovra di tagli fino a 1,3 miliardi, che imporrà nuovi sacrifici al gruppo. L’ambizioso obbiettivo sarebbe raggiunto attraverso tre canali: il primo riguarda i risparmi sul costo dell’elettricità (400 milioni all’anno di energia), il secondo prevede ottimizzazioni e nuove dismissioni del patrimonio immobiliare e delle torri, infine la società conta sui risparmi derivanti dai suoi call center, un’attività dove lavorano 12mila dipendenti Telecom e che costa al gruppo il 30% in più rispetto ai service esterni.
La strategia industriale di Telecom – ricorda Repubblica – degli ultimi tredici anni è stata dettata dall’esigenza di ripagare i debiti della scalata Olivetti, che nonostante le dismissioni e i tagli, resta un macigno da 28 miliardi che zavorra la società. Per permettere a Telecom di uscire da quest’impasse, il gruppo deve ridurre ancora del 15% le sue passività. Secondo gli analisti, un livello di debito sostenibile con i risultati economici sarà raggiunto solo nel 2015 facendo di qui ad allora nuovi sacrifici, a cominciare dal dividendo.